Crescere tutti insieme. Nota politica
La ripresa in corso è importante soprattutto perché crea i presupposti per sanare le ferite economico-sociali provocate dalla pandemia, in particolare sul fronte dell'occupazione.
L’economia italiana ha ripreso a crescere e con ritmi persino superiori alle previsioni di qualche mese fa. Lo dicono le prime rilevazioni dell’Istat e lo confermano le stime: secondo quelle recentissime della Banca d’Italia, nel 2021 il Prodotto interno lordo potrebbe aumentare del 4,9-5%. Un tasso che ci colloca davanti a molti partner europei con una tradizione di crescita ben più sostenuta della nostra. Quest’annotazione ci conforta ma allo stesso tempo ci ricorda che il nostro Paese viene da anni di crescita bassissima o nulla e quindi la strada per cancellare il divario è ancora lunga. Basti pensare che l’Italia è, con la Grecia, l’unica in Europa a non aver ancora recuperato i livelli di Pil di prima della Grande Crisi del 2007-2009. Ciò premesso per evitare letture trionfalistiche, è del tutto evidente come la prospettiva di una ripresa così vigorosa rappresenti un’ottima notizia, da condividere con la giusta dose di entusiasmo. Lo è anche dal punto di vista finanziario: il debito pubblico è cresciuto a dismisura per fronteggiare il Covid e l’unica via per riportarlo entro livelli fisiologici in tempi ragionevolmente brevi – senza ricorrere a improponibili politiche di austerità – è proprio quella di una crescita robusta. Lo ha sottolineato anche il premier Draghi nel corso dell’ultimo G7 in Cornovaglia.
Ma ovviamente la ripresa in corso è importante soprattutto perché crea i presupposti per sanare le ferite economico-sociali provocate dalla pandemia, in particolare sul fronte dell’occupazione. Un ruolo decisivo lo hanno giocato le misure adottate finora dai governi – sarebbe sbagliato oltre che ingeneroso negarlo – e ancora più decisivo sarà il contributo del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tutte le stime incorporano gli effetti che il Pnrr avrà sull’economia e senza di esso il quadro sarebbe profondamente diverso. L’attuazione puntuale e tempestiva del Piano è una responsabilità che incombe su tutte le istituzioni, nazionali e locali, e su tutte le forze politiche presenti in Parlamento, ciascuna nella misura del suo ruolo e del suo rilievo. Parallelamente c’è un’altra responsabilità che investe il sistema politico in tutte le sue articolazioni. Non basta infatti creare le condizioni perché l’economia si rimetta a camminare o meglio ancora a correre. Un terreno specifico su cui la politica si qualifica per le sue scelte è quello dell’impatto sociale della crescita: si tratta di assicurare che questo processo non vada a premiare ancora una volta i più “forti”, ma concorra a ricucire le fratture che si sono aperte nel Paese e sostenga in modo particolare le situazioni di fragilità. Abbiamo già sperimentato in passato gli esiti disastrosi di una visione darwiniana dell’economia e la pandemia – ce lo ricorda costantemente il Capo dello Stato – ci ha insegnato con la forza del dramma che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Avanti con la crescita, dunque, e ognuno metta in campo tutto quel che può dare. Ma è tutta la comunità nazionale che deve crescere, non solo il Prodotto interno lordo.