Confronto tra le forze politiche e sociali. Un’attesa esigente
In questa fase storica il confronto tra le forze politiche diventa un passaggio doveroso e ineliminabile, come pure quello con le forze economiche, sociali e culturali.
Nella tradizione del pensiero politico anglosassone il principio del “governo attraverso il dibattito” (government by discussion: l’espressione è del filosofo inglese del XIX secolo John Stuart Mill ) è considerato un cardine della democrazia rappresentativa. Per rimanere in casa nostra e in tempi assai più vicini, Luigi Einaudi argomentava lucidamente che per “deliberare” bisogna prima “conoscere” e poi “discutere” sapendo di che cosa si sta dibattendo. La tentazione di considerare l’approfondimento e il confronto un’inutile perdita di tempo è molto forte in un’epoca di cambiamenti repentini e di immediatezza telematica. Certo, a volte è la stessa urgenza dei problemi che richiede alla politica decisioni rapide e senza precedenti a cui appellarsi, come abbiamo drammaticamente sperimentato negli ultimi mesi. Ma quando “ci si interroga su come il Paese possa imboccare, in questa fase di ricostruzione, strade più moderne e insieme più rispettose delle risorse naturali, per modelli di vita che vedano le persone al centro degli sforzi di crescita della nostra società e di quella che disegneremo” – parole del presidente Mattarella – allora il confronto tra le forze politiche diventa un passaggio doveroso e ineliminabile, come pure quello con le forze economiche, sociali e culturali.
Questo percorso, però, “deve approdare a risultati concreti”, per citare ancora il capo dello Stato, rispetto ai quali c’è nel Paese “un’attesa esigente”. Esigente nei contenuti e nei tempi, verrebbe da chiosare.
Il governo Conte ha saputo portare l’Italia fuori dalla fase acuta dell’emergenza sanitaria. E sarebbe intellettualmente disonesto non riconoscergli questo merito. Ha profuso uno sforzo imponente nel tamponare l’emergenza socio-economica, ma con risultati meno convincenti, peraltro anche a causa di ritardi strutturali (innanzitutto l’eccesso di burocrazia) che hanno origini lontane. Adesso però ha davanti una sfida epocale – basti pensare alla dimensione che ha assunto il problema della mancanza di lavoro – in cui dovrà riuscire a coniugare ampiezza di visione e concretezza di risposte. Dovrà dimostrare, in altre parole, di essere all’altezza di quella “attesa esigente” richiamata da Mattarella.
In ballo non c’è il destino politico personale del presidente del Consiglio o la sorte della compagine ministeriale in carica, ma il futuro del Paese. Per questo motivo anche tutte le forze politiche sono chiamate direttamente in causa, pur nella distinzione dei ruoli. Prima di tutto quelle della maggioranza, che più volte sono apparse paralizzate dai veti incrociati, e poi quelle dell’opposizione, che invece di incalzare l’esecutivo con proposte circostanziate e realistiche hanno preferito rilanciare le solite parole d’ordine ideologiche per cavalcare il disagio sociale. Tanto per fare un esempio: non si può continuare a invocare la riduzione delle tasse – per di più in una fase in cui il debito pubblico è inevitabilmente lievitato per finanziare le misure d’emergenza – e non dire una parola forte e inequivocabile sulla lotta all’evasione fiscale, che priva la comunità nazionale di oltre 100 miliardi di euro all’anno.
L’Italia può farcela, ma serve l’apporto di tutti. Per dirla ancora con il presidente della Repubblica, occorre un impegno “corale, autentico, aperto”, uno sguardo “rivolto al futuro e non a effimeri interessi personali o di parte, o a rendite di posizione, o a stasi e rinunzie frutto di timore”.