Confessioni di un Sadduceo
La cosa più sorprendente è che io credo come tutte le persone semplici che credono in Lui e si avvicinano a Lui. Infatti, voglio mescolarmi con quelle persone in modo che nulla mi distragga dall'essere vicino a Lui. Più sono anonimo e nascosto io, più sono uno tra gli altri, tutti insieme e uguali, più è Lui, più sono in Lui
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: “Maestro, Mosè ci ha prescritto: ‘Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello’. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie”.
Gesù rispose loro: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: ‘Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe’. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”. (Lc 20, 27-38).
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Penso che sia stata la serena convinzione con cui l’ha detto che mi ha portato a riflettere…
Sì, erano più i suoi occhi senza una traccia di rabbia per la nostra derisione, che aveva lo scopo di imbarazzarlo in pubblico, quello che ha attirato la mia attenzione.
Poi ci sono stati altri dettagli: i sentimenti contrastanti tra la gente, soprattutto, che si meravigliava della sua dottrina; e poi la furia dei miei compagni (?) (più contro la soddisfazione dei farisei, che godevano nel vedere come ci aveva zittiti, che contro di Lui…).
Ero stato proprio io a ideare e scrivere quella “anti-parabola della vedova risorta”, come la chiamavo. Io che pensavo di essere davvero geniale. Lui invece, aveva inventato parabole che descrivevano il cielo del risorto con l’intenzione di cambiare i nostri costumi sulla terra, e a me è venuto in mente di proiettare una situazione terrena per deridere le sue idee del cielo. Mi aspettavo, almeno, un’altra parabola in risposta. O che confutasse l’argomento, come aveva fatto con la questione della moneta di Cesare…
La verità è che il rabbi mi risultava interessante.
Sentirlo discutere con i farisei mi incantava e preferivo la sua apertura morale a quella serie di leggi scrupolose che i farisei amavano discutere all’infinito…
Ma quello che non riuscivo a capire era come un uomo intelligente come lui potesse credere nella resurrezione dei morti.
Capisco che coloro che lavorano intorno al tempio e vivono di religione debbano promettere alle persone qualcosa di buono per mantenerle sottomesse e disponibili. Ma che un tipo povero e umile come il rabbi, senza ambizioni o interessi personali eppure così intelligente, parlasse tanto del cielo, mi incuriosiva.
Non si rendeva conto che facendolo favoriva i mercanti della religione?
La verità è che a quella spiegazione che ha dato delle Scritture – che saremo come angeli e che non ci sposeremo –, non ho dato molta importanza. Quello che mi ha colpito è stata l’ultima frase. Mi ha guardato, come se sapesse che ero stato io a inventare l’anti-parabola e disse: “Dio non è un Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per Lui”.
Luca non lo dice, ma Matteo e Marco lo hanno annotato: “Egli ha anche detto: ‘Siete in grave errore, perché non capite bene le Scritture’”.
Se c’è una cosa che non mi piace, è essere nell’errore. Ma lasciarmi lì, senza ulteriori spiegazioni, e con tutti lì soddisfatti di quello che ci aveva detto colui che mi ha corretto, questa è stata l’ultima goccia.
È stato allora che ho capito che la gente non era interessata alle nostre discussioni sulle parole: erano affascinati dalla Parola di Gesù.
Qualsiasi cosa avesse detto sarebbe andata bene.
Non si chiedevano se avrebbero potuto mettere in pratica tutto quello che lui diceva.
Le sue parole semplicemente toccavano i loro cuori.
Non erano “ragionevoli”, come quegli argomenti che sembrano logici e immediati, ma che poi ti lasciano distanti. Le sue parole entravano come una sola parola e rimanevano, come se si stessero sedimentando. Non avevano fretta di portare frutto… Entravano docilmente nel cuore, come i semi nella terra resa morbida da una pioggerellina…
Questo è ciò che mi è successo. L’ho sentito dire che il nostro Dio non è un Dio dei morti, ma dei vivi, e il desiderio di quel Dio vivente si è risvegliato in me; l’ho sentito dire che tutti noi viviamo per Lui, e anche il desiderio di vivere per Lui è stato risvegliato nel mio cuore.
Ci credete che stando davanti a Lui, per la prima volta nella mia vita, ho scoperto cosa vuol dire avere un desiderio?
Fino a quel momento io avevo solo dei bisogni. E mi è stato chiaro che quando li ho soddisfatti, hanno smesso di interessarmi. È così che ho inteso quelle idee del cielo: come una mancanza che alcuni fingevano di colmare con un’illusione.
Ma quando l’ho sentito parlare del Cielo, qualcosa di nuovo si è mosso nel mio cuore. Volevo che continuasse a parlare.
Anche se diceva cose dolorose, come quella, che eravamo in grave errore. Tutto quello che percepivo in lui, la sua coerenza, la sua signoria, la sua pulizia, la sua sincerità… tutto, erano cose positive che suscitavano ulteriori desideri in tutte le mie facoltà.
Non so se vi è mai capitato di trovarvi di fronte a una persona così, la cui sola presenza è sufficiente a far sì che non vogliate far altro che continuare a stare di fronte a lui. Che ci piaccia il fatto che sia vivo, voglio dire. Godere del fatto che esista.
Il Dio vivente di cui parlavo era se stesso!
E diverso allo stesso tempo.
Non che una luce speciale che gli brillasse sopra.
Il Dio vivente era nelle sue parole.
Era presente in ognuna delle sue Parole come se fossero Parole viventi, capaci di creare quello che nominavano.
Ogni sua parola era come un arazzo ricamato, come un pezzo di musica… Ogni parola che usciva dalle sue labbra si illuminava come un’alba,
puliva l’anima come un vento forte,
innaffiava il cuore come un torrente che porta l’acqua dalla montagna.
E dopo aver detto quelle cose, l’esperienza non è scomparsa, ma ogni Parola si teneva nel mio cuore e rimaneva lì a disposizione, come un tesoro nascosto, come una fontana di acqua viva, per essere assaggiata di nuovo come… come un pane vivo..!
Da allora credo in Lui.
Credo nel suo Dio, che non è un Dio dei morti.
Credo nella risurrezione della carne, che ho deriso come ignorante.
Io credo a tutto, perché lo dice Lui.
E la cosa più sorprendente è che io credo come tutte le persone semplici che credono in Lui e si avvicinano a Lui. Infatti, voglio mescolarmi con quelle persone in modo che nulla mi distragga dall’essere vicino a Lui. Più sono anonimo e nascosto io, più sono uno tra gli altri, tutti insieme e uguali, più è Lui, più sono in Lui.
Diego Fares