Bioetica: il domani è nelle nostre mani

Nuove frontiere. Oggi è chiesta una attenta riflessione per saper cogliere non solo gli aspetti positivi del progresso scientifico ma anche i rischi da evitare. La Fondazione Lanza vuole e può essere un “lievito” per una maggiore presa di coscienza.

Bioetica: il domani è nelle nostre mani

Oggi, camminiamo in un mondo in cui le scienze e le tecnologie sulle quali si fonda la medicina evolvono velocemente, offrendo sempre nuove possibilità di diagnosi, cura, prevenzione, miglioramento. La scienza non svela solo segreti biologici, ma fornisce anche importanti segnali che riguardano la persona tutta, nelle dimensioni fisica, psichica, relazionale, spirituale. Dimensioni costitutive dell’essere umano e inestricabilmente connesse tra loro, che concorrono a definire il concetto stesso di salute, per il singolo e per tutti.

In questo rapido divenire, sorge spontanea una grande ammirazione per la scienza, ma anche la tentazione di farne un bene assoluto. Da ciò, appare necessaria una continua e attenta riflessione per cogliere non solo il bene che ne può derivare, ma anche i rischi da evitare.

Non si tratta, ovviamente, di mettere in dubbio principi come il rispetto della persona umana e della sua dignità, che restano immutabili, ma di come interpretarli e applicarli al meglio, rispetto all’infinita varietà di situazioni in cui il cammino della vita ci porta: la nascita, la malattia, la morte.

Uno dei temi delicati, per esempio, è quello delle scienze e tecnologie emergenti-convergenti. Coniugare l’informatica e le nanotecnologie con la genetica e le neuroscienze ha fatto progredire rapidamente la ricerca e ha cominciato a rendere possibile persino agire sul patrimonio genetico o sullo sviluppo cerebrale. Ciò apre spazi di ricerca e applicazione prima impensabili. Ma con quali i rischi per il benessere delle singole persone e della comunità umana? Come prevenire o curare malattie e migliorare le nostre capacità, senza trasformare l’uomo in altro da sé, senza ledere diritti o provocare disuguaglianze?

Ancora: rispetto al tema della vita prenatale, si aprono scenari incredibili, che coinvolgono la relazione speciale del feto con la madre e attraverso di lei con il padre, le persone vicine, la società tutta e il creato. Il feto sviluppa il suo corpo e la sua mente, in un gioco di messaggi e stimoli bidirezionali con la madre e attraverso essa con il mondo circostante, facendo esperienza di percezioni sensoriali sempre più complesse e di condivisione di emozioni con la madre stessa: in tal modo, la sua unicità si plasma e si attrezza proprio per le dinamiche relazionali di tutta la sua vita. Stimoli dannosi o eccessivi possono perciò compromettere la sua salute fisica, psichica, relazionale presente e futura, più di quanto avviene negli adulti, tanto che può nascere defraudato di potenzialità di vita e di qualità di vita, come accade oggi a milioni di bambini nel mondo, soprattutto nei Paesi a basse risorse.

Quali sono, dunque, le nostre responsabilità, personali e comunitarie? Come accogliere concretamente ogni figlio che nasce, sia non lasciando solo chi è in difficoltà per una gravidanza, sia impegnandosi dentro la comunità umana per quanto riguarda l’uso e la distribuzione delle risorse, l’organizzazione dei servizi sanitari e sociali, la costruzione di un mondo di pace e uguaglianza, la salvaguardia del creato?

Solo un paio di esempi per dire quanto ancora resta da fare. La riflessione sul nuovo e su come possiamo farne uno strumento di crescita umana deve diventare cultura condivisa, non solo tra addetti ai lavori, ma con ogni donna e ogni uomo. La Fondazione Lanza, con le sue attività di ricerca e di formazione, vuole e può essere questo “lievito”, perché ciascuno divenga attore consapevole e responsabile della propria vita, e di quella di tutti.

Daria Minucci

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