Anziani nei centri di servizio nell'emergenza Coronavirus. Prudenza e visite via Skype
Le nuove disposizioni previste per frenare la diffusione del Coronavirus hanno inciso anche sulla vita dei Centri Servizi per anziani. Nel complesso però la vita all’interno dei Centri servizio di Este e Alano di Piave continua seguendo i ritmi della normalità. Permangono infatti le attività, l’animazione, i laboratori, il rosario, le proiezioni di film. L'assistenza agli anziani è naturalmente garantita e invariata. Ciò che è cambiato sono le modalità delle visite, che progressivamente sono andate verso restrizioni sempre più intense. Nei famigliari però c'è molta comprensione e i Centri si stanno attivando per dare la possibilità di effettuare telefonate via Skype.
Le nuove disposizioni previste per frenare la diffusione del Coronavirus hanno inciso anche sulla vita dei Centri servizi per anziani. Ma come si è modificata la giornata di queste persone e del personale che vi presta servizio? E i familiari come vivono le limitazioni alle visite? Ospiti e parenti si sentono più vulnerabili?
Sperimentano sicuramente una forma di contatto diversa, insolita per delle persone di una certa età. «Nel complesso però – afferma Matteo Segafredo, presidente della Fondazione Santa Tecla di Este e della Fondazione Sant’Antonio Abate di Alano di Piave, che gestiscono i rispettivi centri servizi per anziani – la vita all’interno di queste case continua seguendo i ritmi della normalità. Permangono infatti le attività, l’animazione, i laboratori, il rosario, le proiezioni di film. L'assistenza agli anziani è naturalmente garantita e invariata». Ciò che è cambiato sono le modalità delle visite, che progressivamente sono andate verso restrizioni sempre più intense: «Fin da subito, ancora ai primi di febbraio – continua il presidente – si è deciso di introdurre delle limitazioni nelle visite permettendo a un familiare per volta di andare dal proprio caro chiedendo di firmare l’ingresso, per avere un quadro preciso delle persone esterne e con l’obbligo di lavarsi le mani prima di accedere alla camera. Poi con il penultimo decreto si è limitato anche questo appuntamento, salvo consenso medico. Adesso ci si attiene ancora a questa indicazione, ma lo scenario che si prospetta ci obbliga a organizzarci in maniera diversa o quanto meno a riflettere su quali modalità mettere in campo. Per il momento abbiamo intensificato le attività negli spazi collettivi presenti in ogni reparto e poi ci stiamo organizzando per poter disporre di alcuni tablet e smartphone per attivare collegamenti via Skype. Molti ospiti hanno un proprio telefono, per altri invece cercheremo di utilizzare questa soluzione per limitare l’isolamento».
C’è comunque grande comprensione e senso di responsabilità nei familiari: sono consapevoli che queste misure limitative sono pensate per il bene degli ospiti, vere e proprie manifestazioni suppletive di affetto. Unica eccezione sarà fatta per i familiari degli ospiti che sono in fase terminale per situazioni pregresse (al momento non si sono verificati casi di Coronavirus): queste persone avranno a disposizione stanze in cui possono ricevere tranquillamente visite dall’esterno. Per gli anziani dei centri servizi, le figure più fragili, la decisione di bloccare i contatti è stata molto prudente e corretta. Vivono in un luogo chiuso, le infezioni arrivano dall’esterno. L’atmosfera nei due centri è comunque serena: c’è chi chiede, chi si informa leggendo il giornale o guardando la televisione, chi invece, i non autosufficienti, essendo al limite della lucidità, non percepisce pienamente la situazione.
«Un’attenzione deve poi essere rivolta anche al personale – conclude Matteo Segafredo – che ha manifestato momenti di paura e di incertezza. Infermieri, operatori sociali, animatori, educatori, tutti devono essere presidiati e supportati. Si cerca di rasserenare il clima il più possibile. Dopo l’ultimo decreto abbiamo fornito loro un permesso per muoversi liberamente». L’obiettivo resta sempre quello di salvaguardare il benessere della persona: sia dell’ospite che della sua famiglia e naturalmente di chi ci lavora.