26 aprile, Giornata mondiale della proprietà intellettuale. Inventiva da tutelare

La Giornata mondiale della proprietà intellettuale viene “celebrata” il 26 aprile ed è l’occasione per riflettere in termini di creatività e innovazione, soprattutto all’alba della concorrenza dell’intelligenza artificiale

26 aprile, Giornata mondiale della proprietà intellettuale. Inventiva da tutelare

Trump arrestato. Papa Francesco con addosso un piumino bianco e costoso. I funerali di Berlusconi. Sono solo tre esempi di foto (false) generate dall’intelligenza artificiale negli ultimi mesi. Non è facile spiegare cosa sia l’Ia in questo campo, perché si tratta di software che rielaborano immagini e informazioni pescate in rete, generando nuovi contenuti. Il problema sta proprio qui: sono davvero nuovi contenuti o costituiscono piuttosto una manipolazione illecita di media di proprietà di chi li ha creati originariamente? Il tema fa discutere proprio a ridosso della Giornata mondiale della proprietà intellettuale, che si celebra ogni anno il 26 aprile dal 2001: promossa dall’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Wipo), l’evento è l’occasione per incentivare la discussione sull’importanza del ruolo che riveste la proprietà intellettuale nell’incoraggiare l’innovazione e la creatività. Potrà un domani, neanche tanto lontano, l’Ia fare concorrenza all’essere umano nel realizzare foto, articoli e addirittura sceneggiature di film? «La questione è da vedere in chiaroscuro – avverte Claudio Calia, webmaster e fumettista della casa editrice padovana BeccoGiallo – Dal punto di vista dei diritti dei lavoratori non va bene che i più grossi sistemi dell’Ia pubblichino qualunque tipo di contenuto, rielaborato a partire da idee di altri, senza curarsi di attribuire la paternità del file originario. Questo è grave per noi autori di fumetti, per esempio. Dall’altro lato, però, vedo interessanti prospettive dal punto di vista creativo. Poniamo che io organizzi un dataset inserendo solo i miei disegni. Il software potrebbe rielaborare il tutto e fornirmi nuovi spunti per creare contenuti che non violerebbero alcun diritto perché ho deciso io di utilizzare il mio materiale. Bisogna quindi risolvere i problemi di attribuzione della proprietà intellettuale dal punto di vista normativo a livello mondiale perché la rete non è solo italiana».

A ogni modo Claudio Calia non si sente particolarmente preoccupato da una possibile concorrenza dell’Ia nei confronti del suo lavoro: «Basta vedere i testi che vengono prodotti per scalare il motore di ricerca di Google: chi li produce usa un algoritmo che, a sua volta, tenta di interpretare quello del browser per salire di posizione. Risultato? Testi illeggibili anche se primi nella ricerca. Per questo penso che il nostro lavoro è insostituibile». Se programmi come ChatGpt (ne avevamo parlato nella Difesa dello scorso 22 gennaio) e Midjourney (che crea immagini da indicazioni testuali) sembrano non spaventare più di tanto l’editoria (per ora) dal punto di vista legale le acque iniziano a muoversi. «In tutto il mondo manca una normativa che regoli questa nuova materia ma noi italiani siamo più sensibili di altri perché,
storicamente, abbiamo inventiva ma scarsa capacità di tutela – commenta Andrea Pin, docente coordinatore del corso di laurea triennale in Diritto e tecnologia dell’Università di Padova – Questo è già il terzo anno di corso, siamo stati i primi in Italia a istituirlo e adesso ci “copiano” in altri atenei, indice che l’argomento interessa. I problemi legati all’Ia sono due: il primo, quello più noto, è che i software utilizzano dati trovati in rete che spesso non rispettano la proprietà intellettuale; il secondo problema riguarda la proprietà dei nuovi contenuti: sono o no tutelabili, visto che sono stati creati da un software? A livello mondiale le sentenze sono contrastanti».

E in Italia? Sempre dall’Università di Padova la professoressa Claudia Sandei si sta occupando dei primi problemi legali connessi all’intelligenza artificiale: «Il tema dell’Ia per ora è stato oggetto di pronunce solo sul fronte privacy e in relazione al diritto di accesso ai dati. Mi riferisco al recente provvedimento del garante su ChatGpt e al pronunciamento del Consiglio di Stato a proposito dell’uso dell’Ia per le graduatorie del concorso per le scuole (dove si trova una definizione di algoritmo). Sul piano della proprietà intellettuale l’unico provvedimento è quello della Cassazione, numero 1.107/2023 che però si riferiva a un caso di Ai augmented, cioè dell’uso da parte di un essere umano di strumenti creativi tecnologici. Nulla invece sul diritto d’autore della macchina. D’altronde l’Ue sulla questione dell’intelligenza artificiale è stata chiara: non vuole attribuire diritti di proprietà intellettuale all’Ia». Tutto è dunque ancora molto fluido e in divenire. Al momento possiamo garantirvi che questo articolo non è stato scritto dall’intelligenza artificiale.

Andrea Benato

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