Il celibato lo vivo con il popolo di Dio nel ministero feriale
Chiese e chiose. Confronto acceso – se non vero, verosimile – tra un gruppo di preti sul celibato sacerdotale. Tra quello che "dicono i libri" e molte sollecitazioni interessanti
Dal Diario di un prete peccatore… se non vero, verosimile.
Torno a casa con la testa confusa, stasera. Durante la cena dei preti del vicariato, partendo da fatti di cronaca locale e girando dall’ultimo sinodo al libro firmato Sarah-Ratzinger e alla Querida Amazonia, si è arrivati a discutere del celibato sacerdotale. Tra un raro minestrone di fagioli e un succulento stinco, siamo giunti ad attingere vette altissime e a condirle con qualche battuta pecoreccia.
Don Lino, che dice di frequentare intensamente i libri di teologia, si è lanciato a distinguere tra celibato funzionale e celibato ontologico partendo dal Primo Testamento: dato che i sacerdoti veterotestamentari dovevano dedicarsi al culto solo in determinati momenti, matrimonio e sacerdozio risultavano tra loro conciliabili. Per i ministri del Nuovo Testamento, a motivo della celebrazione eucaristica regolare, e in molti casi giornaliera, la situazione divenne radicalmente diversa: l’astinenza funzionale si è trasformata da sé in un’astinenza “ontologica”, si potrebbe dire.
In altre parole, interloquisce don Gino, è l’esperienza del sesso, pur dentro al matrimonio fra cristiani, che diventa discriminante: non si accede a Dio da “impuri”. Sulla base della celebrazione giornaliera dell’Eucaristia, e del servizio a Dio in essa incluso, si è derivata l’impossibilità del matrimonio.
“Ma che idea del matrimonio e dell’unione sponsale ci sta dietro a questo processo?” chiede con fervore don Mino. “È inaccettabile. O perlomeno, se un tempo poteva starci, l’antropologia attuale rifiuta radicalmente questa visione negativa del corpo e della sessualità!”.
E allora, aggiunge don Tino, i sacerdoti cattolici che vivono regolarmente nel matrimonio? Come i preti delle comunità cattoliche di rito orientale e quelli provenienti dalla Chiesa anglicana che Benedetto XVI ha accolto nella Chiesa cattolica mantenendoli nel ministero e nel matrimonio. Senza dimenticare santi come Gregorio di Nissa, in Oriente, e Paolino di Nola, in Occidente: sposati eppure preti e vescovi.
Ma, dice don Pino, se il celibato avesse natura ontologica, sarebbe dovuto necessariamente essere presente sempre e dovunque nella storia della Chiesa, in ogni rito, no?
Don Lino ha poi tentato di collegare il tema della serata, che ci impegnava ormai ben oltre il tiramisù della casa, al “carattere” che il sacramento dell’Ordine imprime, riprendendo una questione dibattuta anche nel post-Concilio. Due le posizioni: la natura “funzionale” del carattere (si è sacri ministri finché si esercita la relativa funzione sacerdotale) e la natura “ontologica” del carattere: ricevuto il sacramento si è presbiteri per sempre.
Ma ecco che il solito provocatore di don Dino introduce la questione dei preti usciti dal ministero: se ricevono la dispensa per sposarsi, anche con il sacramento del matrimonio rimangono comunque preti… E allora il celibato non può avere un legame ontologico al sacramento dell’ordine! Se il celibato fosse necessariamente legato all’ordine sacro (simul stabunt aut simul cadent), caduto il celibato cadrebbe anche l’ordine.
E dunque, conclude don Nino, ecco un’altra categoria di preti di rito latino: sposati, ma non autorizzati a esercitare il ministero.
Don Rino, dopo l’ultimo amaro camaldolese, ha voluto puntualizzare che quella dell’ultimo libro (anche) di Ratzinger è una riflessione teologica che non ha lo status di magistero pontificio: non è il papa che scrive, ma Joseph Ratzinger che ha ripreso la penna del teologo, per altro uno dei più grandi teologi del Novecento.
Un caffè non è bastato a sgombrare la testa da tutte queste considerazioni, alcune proprio intriganti. Chissà che sogni farò stanotte… L’importante è domattina iniziare con disponibilità la nuova giornata, celebrare serenamente il funerale di quella pia nonnetta, visitare senza fretta due persone malate e concludere in bellezza con il consiglio di gestione economica che non sa dove trovare i soldi per sistemare il campanile. Il celibato lo vivrò così, stando con il “mio” popolo di Dio nel ministero feriale. E le discussioni le rinvio alla prossima cena; o al libro che comprerò giovedì a Padova.