Ebrei, dialogo non missione. Incontriamo persone, non religioni
Conoscere la tradizione ebraica può essere, per i cristiani, una risorsa per comprendersi come seguaci di Gesù, che era ebreo
Mi ha colpito, in una recente lettura, un’affermazione di papa Benedetto XVI, e precisamente una “correzione” inviata alla rivista cattolica Herder Korrespondenz relativa a un articolo del teologo Michael Böhnke: con gli ebrei si fa dialogo, non missione. «Una missione agli ebrei non è prevista e non è nemmeno necessaria» scrive letteralmente Ratzinger. Certamente il Cristo ha inviato i suoi discepoli verso tutti i popoli e tutte le culture; perciò «il mandato della missione è universale – con un’eccezione: la missione agli ebrei non era prevista e non era necessaria semplicemente perché solo loro, tra tutti i popoli, conoscevano il "Dio sconosciuto"». Per quanto riguarda Israele – spiega Benedetto XVI – non si tratta di missione ma di dialogo sulla comprensione di Gesù di Nazaret.
In altre parole, nella sua missione universale la Chiesa deve vivere l’evangelizzazione rivolta agli ebrei, che credono nell’unico Dio, in maniera diversa rispetto a quella diretta a chi ha altre fedi o visioni del mondo. In concreto, vuol dire che la Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei. Fermo restando questo, i cristiani sono sì chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo davanti a tutti, anche davanti agli ebrei, ma devono farlo con umiltà e particolare sensibilità, riconoscendo che gli ebrei sono portatori dell’alleanza del Dio fedele e della sua parola; e tenendo presente la grande tragedia della Shoah.
Dopo diciannove secoli di antigiudaismo cristiano, talora diventato antisemitismo, se n’è fatta di strada! Dal Vaticano II in avanti molte cose sono mutate e altre ancora stanno cambiando, magari prendendoci di sorpresa, spiazzandoci. Occorre dunque impegnarsi a comprendere gli “altri credenti” – persone e tradizioni religiose – e avere il coraggio di chiedere perdono e riparare i danni causati dall'incomprensione.
Tra l’altro, per noi cristiani la conoscenza della tradizione ebraica può essere un’importante risorsa – una vera e propria “scoperta”, talvolta – che aiuta a comprendere più autenticamente noi stessi in quanto seguaci di Gesù, che era e resterà sempre ebreo. I valori, le tradizioni, le grandi idee che identificano l’ebraismo e il cristianesimo sono un tesoro prezioso per l’umanità e il mondo d’oggi e devono essere messi al servizio di tutti. La sacralità e l’autorità della Bibbia, che insieme riconosciamo come parola di Dio in tante pagine, ci fanno condividere molti valori, come premessa per un dialogo costruttivo.
Obiettivo comune potrà essere testimoniare l’amore dell’unico Dio verso tutto il mondo: per l’ebreo come per il cristiano l’amore verso Dio e verso il prossimo riassume tutti i comandamenti. Ebrei e cristiani possono e devono sentirsi fratelli e sorelle, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune, sul quale fondarsi e costruire il futuro.
Il monito di Benedetto XVI fa rilevare, per converso, la meschinità di chi si arrocca (per sicumera o per fragilità interiore?) nella propria fede e usa il vangelo come una clava contro il dialogo intrapreso con le altre religioni. Qualcuno ha rivangato persino l’incontro tra Francesco d’Assisi e il sultano d’Egitto Malek al-Kamel, avvenuto esattamente 800 anni fa, per accusare papa Francesco di non essere un vero apostolo perché incontra i musulmani... senza impegnarsi a convertirli al cristianesimo.
Sull’accoglienza di chi appartiene a un’altra religione, mi piace invece riportare il parere di fra Francesco Patton, attuale Custode di Terrasanta, che, vivendo a Gerusalemme, conosce bene queste realtà: «Il cuore della nostra esperienza sta nel fatto che siamo chiamati a osare di entrare in relazione con le persone. Noi non incontriamo “i musulmani” o “gli ebrei”, noi incontriamo persone che vivono la loro fede musulmana o ebraica, e oggi anche persone che non vivono dentro l’orizzonte della fede, ma sono appunto persone con le quali è possibile entrare in relazione, fare un tratto di strada assieme e perfino cooperare». Sottoscrivo in pieno.