Vaccini a scuola. Sì del Senato allo slittamento dell’obbligo. Le preoccupazioni di medici e dirigenti scolastici
L'obbligo della certificazione di avvenuta vaccinazione come requisito per l'accesso dei bimbi da zero a sei anni ad asili e scuole d’infanzia potrebbe slittare di un anno. La preoccupazione di scienziati, medici e dirigenti scolastici. Alcune Regioni annunciano ricorsi alla Consulta mentre oggi, 7 agosto, i no-vax presenteranno al ministro della Salute 22 mila firme per abolire definitivamente l'obbligatorietà dei vaccini
Via libera del Senato, ieri, al decreto Milleproroghe approvato con 148 sì, 110 no e 3 astenuti. Il provvedimento – contenente un emendamento che fa slittare di un anno l’obbligo di certificazione vaccinale per l’accesso dei bimbi da zero a sei anni ad asili e scuole d’infanzia introdotto dalla legge Lorenzin – passerà all’esame dell’Aula di Montecitorio alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva. La calendarizzazione è stata annunciata per l’11 settembre, cioè ad anno scolastico già avviato in cinque regioni. Perplessità e preoccupazioni vengono espresse dal mondo della medicina e della scuola. La vaccinazione rimane obbligatoria, ma la presentazione della relativa documentazione sanitaria non costituirà più requisito d’accesso scolastico; sarà sufficiente un’autocertificazione. Rimane l’incertezza su chi avrà il compito di verificarne la veridicità.Secondo il mondo scientifico, la norma rischia di far cadere l’obbligatorietà dei vaccini allontanando l’Italia dal raggiungimento dell’obiettivo della cosiddetta “immunità di gregge”, indispensabile per tutelare la salute pubblica, ed esponendo a gravi rischi soprattutto i bambini immunodepressi o con patologie che non consentono la vaccinazione, almeno 10 mila nel nostro Paese.
Il ministro della Salute Giulia Grillo sottolinea l’importanza delle vaccinazioni ma al tempo stesso evidenzia la necessità di consentire a tutti i minori la frequenza di asili e scuole dell’obbligo, e annuncia allo studio del suo dicastero e del Miur iniziative per un “migliore bilanciamento tra il diritto all’inclusione, in età scolare e pre-scolare, e il diritto alla tutela della salute, individuale e collettiva”.
“Un atto di grande irresponsabilità privo di razionale etico e scientifico che metterà a rischio la salute di migliaia di bambini, chi pagherà quando si realizzeranno le sue conseguenze?”. Questa la reazione, affidata a Twitter, del presidente dell’ Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi.
Sulla stessa linea il direttore del dipartimento malattie infettive del medesimo Istituto Gianni Rezza per il quale “è rischioso il rinvio perché le coperture vaccinali in Italia non sono ancora sufficienti per metterci al riparo da nuove epidemie”.
“Un appello al Parlamento, perché, nelle sue decisioni, rispetti sempre la scienza e metta il ministro della Salute, Giulia Grillo, nelle migliori condizioni per lavorare”. A lanciarlo è Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), assicurando al ministro pieno sostegno per “garantire le coperture vaccinali senza compromettere o ledere alcun diritto”. Nel richiamare l’art. 32 della Costituzione sulla tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, Anelli conclude: “Al ministro il compito di attuare tale tutela, attraverso politiche sanitarie che si fondino sulle migliori evidenze scientifiche a nostra disposizione”. “Costruire una buona relazione con il paziente” per un medico “non significa negare scienza, deontologia ed etica, semmai armonizzare il rispetto dei principi della medicina e dei suoi professionisti con le scelte delle istituzioni e dei cittadini, senza dimenticare che dall’introduzione in campo medico, i vaccini hanno salvato milioni di vite e contribuito a far scomparire malattie mortali”, avverte da parte sua il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo, Toti Amato, rimarcando che “non vaccinare significa andare incontro ad una serie di rischi importanti legati alla salute del bambino, dell’adulto e di chi vi sta accanto”. Per Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp),la legge sull’obbligo vaccinale “ha aiutato i pediatri convincendo i genitori titubanti”.
Alla proposta del ministro Grillo di inserire i bimbi immunodepressi in classi di compagni vaccinati, Antonello Giannelli, presidente dell’ Associazione nazionale dei presidi (Anp), replica con un interrogativo: “Come si possono mantenere le distanze” tra immunodepressi e non vaccinati “in palestra, in gita o in corridoio?”. Parere negativo anche da Mario Rusconi, presidente Anp-Lazio che sottolinea l’importanza delle relazioni tra gli alunni conservando negli anni successivi le sezioni formate al primo anno: “L’emendamento non tiene conto di questo fondamentale principio e, per assicurare la distribuzione dei non vaccinati, apre alla possibilità che i bambini possano cambiare classe, causando evidenti effetti negativi sia sul piano educativo che su quello formativo”. Inoltre, aggiunge, i presidi “entro fine luglio hanno già formato le classi e le sezioni”.
Se dopo la legge Lorenzin si è registrata una positiva inversione di tendenza nella percentuale delle coperture vaccinali, la metà delle regioni italiane si attesta ancora al di sotto della soglia di sicurezza del 95% di immunizzati e alcune di esse annunciano un ricorso alla Corte costituzionale contro la proroga. “Lavoriamo perché non passi in Parlamento, altrimenti siamo pronti a ricorrere alla Consulta, perché la sanità non è una materia esclusiva di competenza dello Stato”, sostiene Antonio Saitta, coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle Regioni. Annunciano misure a favore dell’obbligo della certificazione vaccinale Umbria, Campania e Calabria. Intanto si mobilita anche il fronte no-vax e oggi, 7 agosto, verranno presentate al ministro della Salute oltre 22mila firme raccolte da due comitati spontanei in Trentino e in Alto Adige per chiedere di “superare rapidamente l’obbligo vaccinale e le esclusioni dei bambini 0-6 anni dai servizi per la prima infanzia”. La questione rivela ancora una volta la sua delicatezza e complessità, insieme all’importanza di fare chiarezza attraverso un’efficace campagna informativa per offrire alla popolazione strumenti di conoscenza e comprensione.