Tigray, la guerra dimenticata che travolge anche gli operatori umanitari
In Tigray la guerra continua a vedere scontri tra militari etiopi e la minoranza tigrina. E negli ultimi giorni ha travolto anche tre componenti di Msf, uccisi lo scorso 24 giugno. Secondo l’Onu sono come minimo 4,5 milioni i tigrini a cui servono aiuti umanitari. E la Croce Rossa ha avvisato che medicine e cure scarseggiano. Ma il problema maggiore sembra essere quello della carestia in corso
In Tigray la guerra continua a vedere violenti scontri tra militari etiopi e la minoranza tigrina. E negli ultimi giorni ha travolto anche tre componenti di Medici senza frontiere, uccisi lo scorso 24 giugno. Le vittime sono: Maria Hernandez, spagnola, 35 anni, coordinatrice dell’emergenza nella regione; Yohannes Halefom Reda, assistente coordinatore etiope di 31 anni; Tedros Gebremariam Gebremichael, autista, etiope 31enne. Michelle Bachelet, alto commissario Onu per i diritti umani, ha commentato così: “Sono indignata per il brutale omicidio di tre operatori umanitari di Medici senza frontiere (Msf) nel Tigray, in Etiopia. Gli operatori umanitari e per i diritti umani sono civili e come tali non possono mai essere presi di mira. Le parti in conflitto devono rispettare pienamente i diritti umani internazionali e il diritto umanitario. Questi omicidi scioccanti si verificano mentre continuiamo a ricevere segnalazioni di gravi violazioni in corso del diritto umanitario internazionale e gravi violazioni e abusi dei diritti umani nel Tigray. Ci deve essere un'indagine tempestiva, trasparente e approfondita sull'uccisione dei nostri colleghi e su tutte le segnalazioni di violazioni dei diritti umani”.
Una guerra dimenticata. I media ne parlano pochissimo, eppure questo scontro continua a seminare morte. Come il bombardamento di qualche giorno fa sul mercato di Togoga, nel quale sono state uccise 64 persone. Gli scontri hanno cambiato marcia lo scorso novembre, quando l’esecutivo di Abiy Ahmed, Nobel per la Pace 2019, ha lanciato l’assalto alla regione. La minoranza tigrina aveva guidato l’Etiopia per più di un ventennio ed è stata estromessa dal potere proprio dal primo ministro in carica. Ma sapere di preciso quel che sta accadendo non è semplicissimo: la stampa straniera non viene più fatta entrare e i giornalisti del posto vengono arrestati.
La carestia. Nonostante l’annuncio di aver ritirato l’esercito, fatto dal premier a marzo e subito smentito da chi ancora è sul posto, l’Onu ha denunciato che ci sono come minimo 4,5 milioni di tigrini a cui servono immediatamente aiuti umanitari. E la Croce Rossa ha avvisato che medicine e cure mediche scarseggiano, visto che otto ospedali sono inutilizzabili. Ma il problema maggiore sembra essere quello di una drammatica carestia in corso, che ha ridotto alla fame 350mila tigrini e in stato di “insicurezza alimentare acuta” altri 5,5 milioni.
Le donne. A questa drammatica situazione si aggiungono denunce sempre più numerose relative all’uso dello stupro come arma di guerra, soprattutto da parte di federali e militari eritrei.
L’articolo integrale di Daniele Bellocchio, Tigray: la guerra in Etiopia “si fermerà per la stagione agricola”, può essere letto su Osservatorio Diritti.