Sud Sudan. Padre Latansio (Consiglio Chiese cristiane): “Quel bacio mi ha commosso e colpito”
Padre James Oyet Latansio, segretario generale del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan: “Il Papa ha dovuto dire con un gesto clamoroso che si può servire il popolo con umiltà e semplicità. Questo è il messaggio. Come il gesto di Gesù con la lavanda dei piedi, la stessa cosa ha fatto Francesco per dare il segnale che non basta essere capi di una Nazione se non si serve con umiltà il proprio popolo. Mi ha commosso. Mi ha colpito molto”
Lacrime e commozione ma soprattutto la speranza oggi che un piccolo spiraglio di luce si è aperto nella lunga notte che da anni sta vivendo il Paese. Così padre James Oyet Latansio, segretario generale del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan, ripercorre il ritiro spirituale che con l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, si è svolto in Vaticano, presso la Domus Sanctae Marthae, con la partecipazione delle massime autorità civili ed ecclesiastiche del Sud Sudan. “Il fatto che Papa Francesco abbia baciato i piedi a questi governanti del Sud Sudan che per anni lottano tra loro per ammazzarsi, mi ha commosso molto. Non mi aspettavo che il Papa arrivasse al bacio”, esordisce subito padre Latansio, raggiunto telefonicamente a Juba dal Sir.
Perché arrivare addirittura al bacio dei piedi?
Il Papa ha dovuto dire con un gesto clamoroso che si può servire il popolo con umiltà e semplicità. Questo è il messaggio. Come il gesto di Gesù con la lavanda dei piedi, la stessa cosa ha fatto Papa Francesco per dare il segnale che non basta essere capi di una Nazione se non si serve con umiltà il proprio popolo. Mi ha commosso. Mi ha colpito molto.
Come ha reagito la gente a Juba nel vedere queste immagini alla tv?
Sono arrivato ieri a Juba e mi hanno chiesto: “Come mai il Papa ha fatto questo?”. E io ho risposto: “È stato un gesto di umiltà per ricordare a tutti che occorre essere semplici e umili in qualsiasi cosa”. Tanti dei miei fedeli mi hanno detto di aver pianto quando hanno visto questo gesto del Papa. In molti mi hanno detto che può essere letto in due modi. Il primo come una benedizione, affinché questi governanti possano rendere felice il popolo in Sud Sudan. Oppure come un avvertimento se non mettono in pratica quello che hanno vissuto. Qui tanti dicono che questi leader hanno le mani insanguinate. Sono persone che hanno ammazzato ed ora hanno questo incarico. Il gesto del Papa rimane come un invito a prendere a cuore il suo messaggio di pace, a mettersi ora a servizio umile della Nazione. Il popolo sudanese è stanco. Ha sofferto anni di guerra, di conflitto. Ora sta soffrendo malattie e ancora morti.
E quale reazione invece hanno avuto i tre leader?
Il Papa ha baciato per primo i piedi del presidente Salva Kiir Mayardit. Lui non voleva che il Papa gli baciasse i piedi. Ha detto di no. “Santità, non può baciarmi i piedi”. Ma il Papa ha risposto, ha insistito, gli hanno tradotto quanto il Papa gli ha detto, e lui alla fine ha ceduto, “va bene”. Parlava con le lacrime agli occhi, commosso. La stessa cosa è successa con il vice-presidente Riek Machar Teny Dhurgon. Ora Salva Kiir è arrivato a Juba e gli atteggiamenti sono cambiati. Si respira un clima buono. Siamo nella Settimana Santa. Questa è la mia fede. Questa è la mia speranza che sarà l’ultima cosa a morire.
Che cosa hanno fatto questi leader politici a Santa Marta?
Hanno pregato. Erano soli. Non c’erano guardie. Non c’era nessuno. Soli nella loro stanza. Hanno pregato, avuto colloqui con l’arcivescovo di Canterbury e i capi delle Chiese del Sud Sudan. Tutto si è svolto in un clima di intimità. È stato un vero ritiro di preghiera senza discorsi politici. Una preghiera che richiamava al loro dovere, al loro impegno, al giuramento che hanno fatto al popolo.
C’è un accordo di pace. Il Papa stesso ha detto che gli accordi sono sempre fragili. Lei crede davvero che dopo questi giorni a Roma si può ricominciare a sperare?
Noi, come Consiglio delle Chiese del Sud Sudan, speriamo e crediamo che loro possano mettere questo accordo in pratica nella lettera, nelle parole, nelle azioni. Noi crediamo che tutto andrà a buon fine, anche con l’aiuto dei nostri amici in Italia, con la Comunità di Sant’Egidio che ci aiuta in questo cammino di mediazione, di incontro perché i cuori di questi uomini possano cambiare. È duro in questa situazione lasciare spazio alla speranza, a superare il dubbio. Però noi non ci sentiamo soli. Abbiamo voi. Il popolo italiano, la Comunità di Sant’Egidio. Il vostro aiuto e le vostre preghiere toccano il cuore, anche il cuore dei potenti. La vostra preghiera ha fatto sì che questi leader accettassero l’invito del Vaticano e di mettersi di fronte alla verità. La vostra preghiera ci ha aiutato a rinnovare la speranza. In questa Settimana Santa noi guardiamo avanti. Grazie per quello che fate, grazie per i tanti missionari e laici, i nostri angeli italiani che lavorano, anche in situazioni di pericolo, in luoghi dove non c’è nulla. Solo morte e sofferenza. Sono lì per stare accanto nel servizio e con il sorriso, per non lasciare soli le loro sorelle e fratelli che soffrono. Basta morte. Basta.