Sfollati interni e crisi climatica: in Mali situazione al collasso
L’allarme arriva dall’ong elvetica Care, che individua le cause principali nella insicurezza sempre più diffusa e negli scontri tra comunità. Gli sfollati hanno raggiunto quota 400 mila nel 2021
La crisi umanitaria in Mali è al collasso. Colpito da guerre e colpi di Stato da più di un decennio, deve affrontare adesso una crescita continua di sfollati interni. L’allarme arriva dall’ong elvetica Care, che individua le cause principali di questa situazione nella insicurezza sempre più diffusa, negli scontri tra comunità e nelle conseguenze ormai visibili della crisi climatica in corso.
Gli sfollati hanno ormai superato quota 400 mila, quattro volte tanto rispetto a dodici mesi fa. E a trovarsi in questa situazione sono in gran parte gli abitanti più vulnerabili: il 65% degli sfollati è minorenne. In più della metà dei casi si tratta di donne, vittime due volte. Per Ely Keita, direttore di Care nel Paese, "la violenza di genere è un problema enorme in tutto il Mali. Stiamo assistendo a un grave aumento degli episodi di violenza contro donne e ragazze a causa dell'insicurezza. Allo stesso tempo, ai bambini viene negato un futuro poiché non sono in grado di frequentare le scuole a causa della situazione di conflitto che perdura in molte aree della nazione, soprattutto nelle zone settentrionali e centrali del Paese''.
La crisi climatica è l’altro grosso tema della regione. Aree che avevano sempre garantito raccolti abbondanti, ora sono colpite dalla siccità. Mentre nelle zone calde si registrato a tratti piogge torrentizie. Con il risultato che la crisi alimentari si fa sentire in forme sempre più tragiche. Come sottolinea ancora Keyta in un report: ''Oltre 1 milione di persone attualmente soffre la fame e questa cifra è destinata ad aumentare. Inoltre ci sono carenze di finanziamenti e aiuti internazionali e se non si interverrà al più presto il Mali rischia di dover affrontare una carestia senza precedenti''.
Il contesto. Per capire le ragioni dei problemi sociali bisogna andare indietro almeno fino al 2012. Dopo la caduta di Gheddafi in Libia, infatti, ribelli tuareg e miliziani della galassia jihadista erano entrati proprio nelle zone desertiche del Mali. Iniziò così la rivolta islamista, che riuscì a conquistare il nord del Paese, per discendere poi verso la parte meridionale. E l’anno seguente, per frenarne l’avanzata, intervenne militarmente la Francia, che nel 2014 lanciò l’operazione Barkhane per rendere più stabile la sua ex colonia. In seguito arrivarono truppe internazionali e un cessate il fuoco fu raggiunto con i Tuareg nel 2015, ma gli scontri non sono mai terminati del tutto.
Il colpo di Stato risale all’agosto dello scorso anno, quando il colonnello Assimi Goïta ha deposto il presidente Boubakar Keita, assumendo la vicepresidenza del Paese. Un nuovo golpe si è avuto poi nel maggio scorso e da allora Goïta, insieme ai militari, è alla guida del Mali. Dove continuano a registrarsi gravi violazioni dei diritti civili.
L’articolo integrale di Daniele Bellocchio, Mali, la situazione precipita: nel 2021 quadruplicato il numero di sfollati, può essere letto su Osservatorio Diritti.