Premio Nansen europeo ai corridoi umanitari: è il “Nobel” per chi aiuta i rifugiati
È stato assegnato ai corridoi umanitari promossi dalla Chiesa italiana che opera tramite Caritas italiana, dalla Federazione delle Chiese evangeliche e Tavola Valdese, e dalla Comunità di Sant'Egidio il prestigioso Premio Nansen per la sezione Europa conferito dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. In 4 anni oltre 2,000 persone vulnerabili bisognose di protezione sono arrivate in Italia. Tutto questo mentre, anche oggi, migranti continuano a sbarcare a Lampedusa. Un barcone con 102 persone è entrato direttamente in porto. Solo nelle ultime due settimane sono arrivati in 570. Superaffollato l'hotspot di Lampedusa
Lo chiamano “il premio Nobel per chi aiuta i rifugiati”. L’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) ha deciso quest’anno di assegnare il prestigioso Premio Nansen per la regione Europa, ai corridoi umanitari voluti e realizzati dalla società civile in collaborazione con il Ministero dell’Interno e il Ministero degli Affari Esteri. Il premio Nansen viene conferito ogni anno ad una persona o organizzazione che si è distinta nell’assistenza alle persone costrette a fuggire dalle proprie case. Promossi dalla Comunità di S. Egidio, Cei-Caritas italiana, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) e Tavola Valdese, i corridoi umanitari sono stati premiati “per aver assicurato a migliaia di rifugiati un canale sicuro per ricevere protezione e la possibilità di ricostruirsi un futuro migliore in Italia”. La conferenza stampa si è svolta oggi a Roma ma la premiazione si terrà durante una cerimonia ufficiale all’ambasciata norvegese il 25 settembre (ore 19). Da febbraio 2016 a oggi sono arrivati in Italia tramite corridoi umanitari oltre 2.000 rifugiati e persone vulnerabili in base a tre accordi distinti. Il primo corridoio, attivato nel dicembre 2015, ha permesso il trasferimento di 1.010 rifugiati, soprattutto di origine siriana, dal Libano; il secondo, attivato nel gennaio 2017, il trasferimento dall’Etiopia di 496 rifugiati provenienti dal Corno d’Africa; e il terzo, nel novembre 2017, altri 595 rifugiati siriani dal Libano. Inoltre, nel maggio 2019 è stato firmato un quarto protocollo di intesa che prevede il trasferimento di altri 600 rifugiati da Libano, Giordania, Etiopia e Niger. Le realtà promotrici assicurano a loro spese il trasferimento dei rifugiati in Italia, l’accoglienza e l’assistenza necessaria per riuscire ad avviare percorsi di integrazione in Italia.
Una testimonianza. “Purtroppo in alcuni Paesi del mondo come quello da cui provengo, l’Eritrea, non si ha la libertà di vivere come si vorrebbe e si è costretti a fuggire”. Danait Guush Gebreselassie, 28 anni, di Asmara, è dovuta fuggire, mettendo a rischio la propria vita, per non essere costretta a prestare il servizio militare obbligatorio a tempo indeterminato come migliaia di altri giovani eritrei. Si è ritrovata a vivere nel campo profughi di Hirzait, nella regione dello Shiré, in Etiopia.
“Non è facile vivere in un campo, non hai nessun tipo di speranza”.
Danait ha avuto la fortuna di essere selezionata dagli operatori dei corridoi umanitari e da sette mesi vive nella diocesi di Trivento, provincia di Campobasso. Abita in un appartamento con la madre e lavora in un centro per minori stranieri non accompagnati. Sono accompagnati da tutta la comunità diocesana. Il suo sogno è studiare e fare l’insegnante: “In Italia ho avuto l’opportunità di una nuova vita”.
Una via sicura e legale. “I corridoi umanitari rappresentano una via sicura per le persone costrette a fuggire da guerre e persecuzioni, una delle poche alternative ai pericolosi viaggi in mare”, ha dichiarato Roland Schilling, rappresentante regionale Unhcr per il Sud Europa. L’Unhcr ha più volte fatto appello agli Stati affinché “le vie sicure, come i corridoi umanitari”, ma anche “il reinsediamento, le evacuazioni d’emergenza, i visti umanitari e per studio e il ricongiungimento familiare, vengano ampliati” per “un’alternativa sicura e dignitosa ai viaggi organizzati dai trafficanti”. Istituito nel 1954, il Premio prende il nome da Fridtjof Nansen, esploratore norvegese che ha ricoperto per primo l’incarico di Alto Commissario per i rifugiati per la Società delle Nazioni, dal 1920 al 1930.
Caritas e Comunità di Sant’Egidio, “una buona prassi da replicare”. “Siamo onorati di ricevere questo premio, frutto di uno sforzo collettivo, compresa la collaborazione delle Caritas diocesane. I corridoi umanitari rimangono una buona prassi della quale far tesoro e dalla quale ripartire per riprendere, a livello governativo, quel coraggio e quella disponibilità che è mancata negli ultimi anni, per immaginare una gestione delle migrazioni con l’apertura di canali legali e sicuri d’ingresso”. Così ha commentato al Sir Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana. “Non vogliono essere in alcun modo una forma sostitutiva dell’ordinarietà di gestione dell’immigrazione da parte del governo – ha precisato .. Da un lato sono stati un pungolo per le istituzioni, dall’altro sono una buona prassi perché danno alla società civile la possibilità di sperimentarsi su una sfida globale coinvolgendo anche le comunità. Questo è l’elemento aggiunto forte”. Claudio Cottatellucci, della Comunità di Sant’Egidio, ha sottolineato la necessità di una prospettiva europea, accompagnata da una seria politica di integrazione. Le cifre di 2.600 arrivi in sicurezza (comprese Francia, Belgio e Andorra) in 4 anni dimostrano che è possibile “restituire un’anima a questa Europa”.
A breve corridoi umanitari anche in Germania. E anche le Chiese evangeliche di Germania si impegneranno presto in un programma di corridoi umanitari, così come deciso durante l’ultimo Sinodo valdese e annunciato oggi da Luca Maria Negro, presidente della Fcei (Federazione delle Chiese evangeliche in Italia). I corridoi umanitari sono “un esempio replicabile e uno stimolo ad affrontare con serietà e consapevolezza il fenomeno migratorio”, ha detto Negro, che dedica il premio a “tutte le persone ancora rinchiuse nei lager libici”, rinnovando la speranza di “corridoi umanitari europei dalla Libia”. Alessandra Trotta, della Tavola valdese, ha ricordato che il programma è stato possibile grazie a normative europee sulla protezione internazionale “che erano state dimenticate. Ma qualcuno ci ha creduto ed ha portato avanti una idea giusta, in contrapposizione con il clima di chiusura, intolleranza e razzismo che stiamo vivendo negli ultimi anni”.
L’auspicio è “che questa esperienza pilota possa trasformarsi in politica strutturale europea”.
Per coniugare umanità e legalità. “Una collaborazione tra privato e pubblico in una sorta di gara per coniugare umanità e legalità”: questi sono stati i corridoi umanitari secondo Michele Di Bari, del Ministero dell’interno: “Sono un esempio concreto di ciò che siamo chiamati ad esprimere sotto il profilo istituzionale, e che hanno dato importanti risultati”. Anche Luigi Maria Vignali, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha riconosciuto l’importanza del premio Nansen ai corridoi umanitari, “perché bisogno misurare in concreto ciò che si fa e modificare la narrativa sui rifugiati”. “Purtroppo – ha affermato – in questo periodo anche parole che un tempo non erano controverse, come buono e buonista, hanno assunto una accezione negativa. Il premio ci dà l’occasione per riaffermare l’impegno a favore delle persone più vulnerabili”.