Panama, la lotta degli indigeni per difendere il fiume Tabasará

Un gruppo di indigeni Ngäbe-Buglé  è stato espulso con la forza dalla polizia panamense dalle terre sulle rive del fiume, dove ancora viveva nonostante la devastazione portata dalla centrale idroelettrica di Barro Blanco

Panama, la lotta degli indigeni per difendere il fiume Tabasará

Un gruppo di indigeni Ngäbe-Buglé è stato espulso con la forza dalla polizia panamense dalle terre sulle rive del fiume Tabasará dove ancora viveva, nonostante la vicinanza al progetto idroelettrico di Barro Blanco. È accaduto il 29 ottobre e le persone colpite denunciano di essere state ferite da proiettili di gomma sparati dalle forze dell’ordine. La polizia, da parte sua, ha fatto sapere che quattro agenti sono stati feriti e che gli indigeni non hanno accettato l’intervento dei paramedici.
Il contenzioso, che riguarda la zona di Barro Blanco (Caña Blanca de Tolé, provincia di Chiriquí), prosegue da anni. I leader comunitari sostengono che la terra è di “pubblica servitù” ed è al centro di un contenzioso amministrativo ancora pendente. Inoltre, dicono che tra le famiglie mandate vie ce ne sono alcune che hanno perso la terra proprio a causa della diga sul fiume Tabasará. Per quanto riguarda la centrale idroelettrica, invece, la battaglia è persa, visto che il megaprogetto è stato realizzato inondando 250 ettari di territorio. Gli Ngäbe-Buglé sono il gruppo indigeno più numeroso nel Paese (nel censimento del 1990 superavano le 123.000 persone).
Il fiume Tabasará è diventato ormai un lago artificiale. Gli indigeni della contea hanno combattuto per difenderlo: negli anni Settanta hanno osteggiato interventi massivi e dal 2008 si sono opposti all’attuale costruzione. Il corso d’acqua rappresentava la loro vita: pesca, luogo di incisioni rupestre fondamentali per la loro storia e la loro religiosità, fonte d’acqua potabile, mezzo di trasporto di beni e collegamento con le città. Anche la vita nei boschi tutto intorno dipendeva dal fiume.

La storia della costruzione di questa grande opera risale ad almeno il 2007, quando lo Stato affidò la concessione alla società Genisa – Generadora del Istmo S.A., creata proprio per il progetto idroelettrico. I lavori cominciarono nel 2011 tra le contestazioni. La società alla fine venne estromessa nel 2016, a lavori quasi ultimati (la centrale era pronta al 95%), dopo accordi tra lo Stato e parte della comunità. A Genisa subentrò in seguito Cobra (parte del gruppo spagnolo Acs). Ma le proteste non sono ancora finite. Tanto che proprio in occasione della Cop26, il Collettivo Voci Ecologiche ha denunciato l’ipocrisia dell’attuale presidente di Panama, Laurentino Cortizo, che a Glasgow ha dichiarato che “il nostro impegno inizia col rispettare i popoli originari e le nostre foreste, misure attraverso le quali proteggiamo il 33% della superficie del nostro paese”. Affermazioni contestate in modo perentorio dagli attivisti.

L’articolo integrale di Diego Battistessa da Panamá City, Panamá), Panama: la repressione degli indigeni Ngäbe-Buglé, può essere letto su Osservatorio Diritti.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)