Paesaggio da tutelare e usare con accortezza. Gli agricoltori “custodi” delle risorse naturali tra produzione di cibo e benessere

Fabbrica a cielo aperto di benessere e di sostentamento, il paesaggio naturale e agrario è da tempo però sottoposto a notevoli rischi

Paesaggio da tutelare e usare con accortezza. Gli agricoltori “custodi” delle risorse naturali tra produzione di cibo e benessere

Paesaggio naturale che si fa paesaggio produttivo. Paesaggio che si declina in modi diversi a seconda delle epoche, degli insediamenti, delle relazioni tra attività differenti e sulla base delle sollecitazioni della storia e degli assetti sociali. Paesaggio che, spesso, si trasforma da naturale a industriale, mutando tratti e destini anche delle persone. Paesaggio per il quale, comunque, proprio gli agricoltori giocano un ruolo importante. E’ questo il messaggio che unisce la Giornata nazionale del paesaggio – celebrata da poco – e la produzione agricola e agroalimentare.
Stando a quanto stimato da Coldiretti, proprio gli agricoltori “custodiscono il 55% del paesaggio nazionale, garantendo una costante opera di manutenzione e tutela del territorio”. Coltivatori, dunque, come “custodi” di un bene che è di tutti, e che diventa risorsa economica oltre che sociale. Fabbrica a cielo aperto di benessere e di sostentamento, il paesaggio naturale e agrario è da tempo però sottoposto a notevoli rischi. Sempre i coltivatori stimano che nell’ultimo mezzo secolo sia andata persa in termini di disponibilità agricola una superficie pari a circa 12 milioni di campi da calcio.
Ed è proprio da questa indicazione che è bene partire per comprendere il vero significato della tutela di questo bene comune al giorno d’oggi, inteso come risorsa economica, ambientale e turistica del Paese.
Economia quindi che, detto in numeri, significa per esempio, dal campo alla tavola, circa quattro milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole e 70mila industrie alimentari per un valore aggregato (solo in termini di produzione alimentare) che è stato stimato in 600 miliardi di euro. Economia che, è bene sottolinearlo subito, significa anche sicurezza in termini idrogeologici delle attività produttive (e non solo agricole). Senza dire, poi, di tutto ciò che ruota attorno al turismo. Economia che, a ben vedere, si ritrova ad essere intimamente legata all’ambiente e alla sua tutela.
Paesaggio come risorsa e come tutela sulla quale pesano – viene subito ribadito dagli stessi coltivatori – “gli effetti della cementificazione e dell’abbandono. Basti dire che nel 1970 la superficie agricola totale rappresentava l’83% del territorio nazionale”. Ma è proprio sul delicato equilibrio tra usi agricoli e usi industriali e urbani del paesaggio che si gioca il futuro.
Destinazioni, quelle del paesaggio, che toccano poi la biodiversità (che è essa stessa risorsa produttiva proprio per la produzione di cibo), e la sicurezza delle attività e delle persone. E’ appena il caso di ricordare le sofferenze umane e i danni materiali provocati dalle ricorrenti inondazioni che attraversano la Penisola.
Così, il destino del paesaggio (non solo in Italia ovviamente) si gioca sul filo della convivenza di istanze diverse e quindi delle regole che devono essere poste per contenere gli egoismi di parte rispetto al benessere di tutti. Una legge adeguata sul consumo di suolo, per esempio, potrebbe fare molto, così come un diverso approccio nei riguardi delle pratiche agricole attente all’ambiente; investimenti accorti nell’ambito della regolazione idrogeologica, poi, potrebbero delineare destini diversi per molte aree. Molto è stato fatto, ma molto ancora deve essere progettato e realizzato. Le esperienze positive però non mancano. In Toscana, per esempio, il Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno ha avviato un progetto per la creazione delle “sentinelle dell’Arno” che avranno il compito di sorvegliare il fiume nell’ambito delle attività di raccolta del legname depositato naturalmente nel suo alveo, assicurando così un costante controllo della situazione idrica e un uso accorto delle risorse.
Paesaggio come espressione di civiltà, dunque, e come luogo di convivenza oltre che di produzione di buon cibo per tutti.

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Fonte: Sir