Oltre 1,2 milioni di minori in povertà: “Aumentata di 4 volte in 10 anni”
Maxi-convegno di Alleanza contro la povertà all'Università Cattolica con monitoraggi su Rei, Rdc e indigenza. Rovati (UniCatt): “I minorenni sono il doppio degli anziani”. Save the Children: “Periferie geografiche e sociali coincidino”. Alleanza: “Povertà minorile ereditaria, 5 generazioni per uscire”
La povertà assoluta delle famiglie con minori a carico è salita in doppia cifra in meno di otto anni. Le famiglie con tre figlie minori in questa situazione sono passate dal 10,4 per cento del 2011 a livello nazionale al 27 per cento nel 2016, per attestarsi al 21 nel 2017. Quelle con un solo figlio minorenne salivano dal 2,3 per cento del 2010 fino al 9,5 per cento due anni fa. Numeri che emergono dalla relazione “La povertà: un'emergenza inascoltata” di Giancarlo Rovati, professore all'Università Cattolica di Milano, durante il convegno del 7 giugno dal titolo “Dare voce agli invisibili. Le povertà in Lombardia dal Reddito di inclusione al reddito di cittadinanza”. Una giornata di lavori coordinata dalla rete Alleanza contro la povertà che ha offerto nuovi dati e chiavi di lettura sulle misure di contrasto all'esclusione sociale nelle sue forme più diversificate. L'intervento del docente milanese ha anticipato quelli di esponenti di Agenzie pubbliche per lavoro, Action Aid, Save The Children, Inps Milano e Lombardia e di Mimmo Parisi, il nuovo capo dell'Anpal scelto da Di Maio per guidare il percorso delle politiche attive legate al reddito di cittadinanza e che non ha ancora fugato i dubbi su quando partirà il software che incrocia domande e offerte di lavoro e se sarà assegnato tramite gara pubblica o in affidamento diretto (proprio Parisi ha sviluppato una app dal nome Mississippi Works quando lavorava negli Stati Uniti). Rovati ha incentrato la sua relazione su bambini e giovani in povertà: erano un milione e 50 mila nel 2011-2012 arrivando a un milione e 208 mila nel 2017, ma avendo toccato anche la cifra record di un milione e 434mila individui nel 2013. Il dato che impressiona è che i minorenni poveri sono il doppio degli anziani in povertà (611 mila, il 4,6% del totale).
“Prendendo come anno di riferimento il 2007 – scrive nella relazione il docente –, si constata che nel 2017 l’incidenza della povertà assoluta tra i minorenni è aumentata di quattro volte, mentre tra gli anziani è rimasta sostanzialmente stabile (dal 4,4 per cento al 4,6 per cento), per effetto dei trattamenti pensionistici e degli assegni sociali destinati a questa parte della popolazione”. Una spiegazione sta anche nella capacità e possibilità di pesare “politicamente”, dice Rovati, nel processo elettorale e di gestione della finanza pubblica da parte della cittadinanza più anziana. Un peso specifico che sicuramente non hanno bambini e adolescenti.
“La povertà minorile la dividiamo in materiale ed educativa – ha detto Arianna Saulini di Save the Children che insieme a Luca Fanelli di Action Aid Italia ha curato un monitoraggio sul Reddito di inclusione –. L'Istat mette da diversi anni a disposizione anche il concetto di povertà relativa e la media al nord è del 14 per cento, con la Lombardia che coincide con la media”. “Complessivamente – dice Saulini – in Italia più di un minore su cinque, il 21 per cento, vive in povertà con forti disuguaglianze ben marcate a livello territoriale”. Ha posto l'accento anche sulla dimensione cittadina e di quartiere la funzionaria della ong: “Il quartiere in cui si vive fa la differenza, sopratutto in termini di servizi attivi all'interno. In tutte le grandi aree metropolitane la maggior parte dei minori si concentra nell'hinterland, nelle aree esterne mentre la presenza relativamente più cospicua a Milano di minori 0-14 anni si concentra in pochi quartieri” spiegato mostrando una mappa con i livelli di densità abitativa di minori. Una mappa dei quartieri del capoluogo che coincide in ampie porzioni con un'altra elaborata sulla base dell'indicatore Istat di rischio vulnerabilità sociale e materiale che prende in considerazione una serie di voci come i livelli di istruzione, la presenza dei Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, e altri. Le due mappe si sovrappongono in vari punti perché “la periferie sociali e geografiche coincidono”.
A livello dell'intera Lombardia il rischio di esclusione sociale per i minori è del 22,8% (32,1 a livello nazionale). Sulla povertà assoluta non ci sono dati disaggregati regione per regione, ma la tendenza 2006-2016 è cresciuta di cinque volte, mentre per gli over 65 è rimasta invariata. Dati che vanno letti anche alla luce della popolazione regionale. Spiega Arianna Saulini come sia “interessante notare che la Lombardia è la regione più popolosa per i minori che sono un milione e 607mila, più del 20% d'Italia”.
“La povertà minorile è ereditaria e chi nasce in una famiglia povera ha bisogno mediamente di cinque generazioni per uscirne” ha detto Roberto Rossini, portavoce nazionale dell'Alleanza contro la povertà (Acp) a margine del monitoraggio presentato da Action Aid su come abbia funzionato il reddito di inclusione in regione confrontato con il resto del Paese. I dati li ha illustrati Luca Fanelli e sono figli di un questionario strutturato che ha raggiunto il 55 per cento degli Ambiti Sociali Territoriali a livello nazionale e il 64 per cento degli stessi in Lombardia. Si tratta di quelle aggregazioni intercomunali che hanno il compito di pianificare e programmare i servizi sociali dei Comuni. Servizi sociali che con il Rei avevano un ruolo di primaria importanza nella realizzazione dei progetti personalizzati e che oggi sono messi un po' in disparte con il reddito di cittadinanza a vantaggio invece di Centri per l'impiego, Agenzie per il lavoro e aziende Quella presentata da Action Aid – grazie alla collaborazione di decine di attori che fanno parte di Acp, con 12 studi di caso e l'analisi dei diversi piani regionali di contrasto alla povertà – è l'unica analisi sistematica condotta su tutto il territorio italiano sul Rei. “La Mancanza di monitoraggio delle politiche da parte dei governi - dice Fanelli – rende difficile apprendere dalle misure precedenti per migliorare quelle successive anche se nella legge sul reddito di cittadinanza sono presenti una serie dispositivi interessanti che potrebbero permettere monitoraggio e valutazione dalla misura”.
I numeri del monitoraggio dicono che il Rei ha potuto beneficiare di 8.204 punti di accesso in Italia. “ significativo perché non si tratta di sportelli in cui presentare domanda ma luoghi in cui la persona poteva avere informazioni a 360 gradi sulle opportunità offerte dai servizi sociali”. In media ci sono stati 14 punti di accesso per ogni Ambito Sociale Territoriale. In Lombardia 18. 112 sono le domande per ogni punto d'accesso, 49 quelle accolte. Nella principale regione del nord sono invece 50 accolte e 15 quelle positive, mostrando in maniera inesorabile un carico differente di lavoro lungo le aree della penisola. “Ciò che vediamo studiando la platea dei diversi strumenti di contrasto alla povertà che si sono susseguiti nel tempo – come Sia, Rei prima versione, Rei seconda versione e ora i prima numeri sul reddito di cittadinanza – è che la stabilità delle misure nel corso degli anni determina una maggiore adesione e potenziale richiesta, oltre che fiducia”. Un altra indicazione, semplice ma utile, per il legislatore dell'oggi e del domani.
Francesco Floris