Nuova variante Omicron. Ciccozzi (Campus Bio-Medico): “Sappiamo ancora troppo poco”
Solo grazie alla diffusione su scala mondiale del vaccino anti Covid-19 è possibile arrestare la formazione di nuove varianti. L’ultima, in ordine di apparizione, è la B.1.1.529 o Omicron, come è stata battezzata ieri dall’Organizzazione mondiale di sanità. Identificata in Sudafrica, la variante ha destato subito preoccupazione nella comunità scientifica per i primissimi dati che segnano in una settimana una escalation di contagi da 0 a 80%, in rapporto alle altre varianti. A destare allarme è anche l’ipotesi che i vaccini a disposizione non siano abbastanza efficaci a fronteggiare questa nuova versione
Vaccinare in ogni parte del Pianeta. Il messaggio è lo stesso, ripetuto dai virologi da tempo, perché solo grazie alla diffusione su scala mondiale del vaccino anti Covid-19 è possibile arrestare la formazione di nuove varianti. L’ultima, in ordine di apparizione, è la B.1.1.529 o Omicron, come è stata battezzata ieri dall’Organizzazione mondiale di sanità. Identificata in Sudafrica, la variante ha destato subito preoccupazione nella comunità scientifica per i primissimi dati che segnano in una settimana una escalation di contagi da 0 a 80%, in rapporto alle altre varianti. A destare allarme è anche l’ipotesi che i vaccini a disposizione non siano abbastanza efficaci a fronteggiare questa nuova versione. “È ancora troppo presto”, spiega il professor Massimo Ciccozzi, responsabile Statistica medica e epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio Medico di Roma.
Professore, quanto ci dobbiamo preoccupare di questa variante?
Stiamo studiando in queste ore la variante. Ciò che sappiamo è che conta 32 mutazioni e racchiude tutte le mutazioni delle altre finora individuate. Va tenuta sotto controllo perché avendo le mutazioni delle altre varianti sicuramente ha le caratteristiche che hanno reso le altre più contagiose, come per esempio la Delta. Inoltre una parte della variante, il dominio N terminale, presenta delle delezioni, ovvero delle mancanze, capaci di intaccare l’efficacia anticorpale. Da questi elementi, deduciamo che sia maggiormente contagiosa. Il grafico che circola anche nel web mostra la velocità registrata dei contagi ma parliamo ancora di numeri piccoli.
È ancora presto, attendiamo i dati che potrebbero arrivare già lunedì. Altra cosa che sappiamo è che una delezione, la 6970, è la stessa presente nella variante inglese. Significa che il tampone molecolare la rileva immediatamente mentre per le altre varianti andava aggiustato il test. Sembra che non siano tante le sequenze, sebbene sia passata da 0 a 80% in una settimana, perché per il momento sono stati registrati solo dei cluster epidemici (gruppi di persone infettate, ndr) che non hanno tra loro una interconnessione.
Le varianti non sono una risposta del virus alla maggiore diffusione del vaccino, come sostengono i no vax anche in queste ore?
Assolutamente no. Le varianti si formano quando ci sono delle mutazioni dalle quali il virus a livello evolutivo trae vantaggio. La mutazione si forma in maniera casuale quando il virus si replica e infetta. Ecco perché dobbiamo insistere con la vaccinazione. E aggiungo: all’esterno, cerchiamo di mantenere la mascherina nei luoghi dove c’è assembramento come lo stadio, la manifestazione in piazza o i mercatini di Natale.
Il fatto che sia partita in un’area precisa dell’Africa ha un significato?
L’area raggiunge una media di vaccinati contro il Sars-Cov2 del 15% e ha una prevalenza di Hiv positivi molto alta, pari al 20%. Mesi fa, abbiamo individuato insieme ad Arnaldo Caruso una variante a Brescia e pubblicato uno studio su The Lancet Infectious Diseases. Avevamo visto che la variante avesse la possibilità di fare una evoluzione nell’ospite. Significa che la persona veniva infettata da un ceppo virale da due o tre mutazioni e che, a distanza di mesi, dopo la guarigione, il prelievo mostrasse come il virus che aveva trovato il sistema immunitario debole avesse fatto tante evoluzioni rimanendo all’interno dell’ospite. Anche nel caso di questa nuova variante, una delle ipotesi potrebbe essere che sia stata una persona Hiv positiva con un sistema immunitario compromesso ad aver ospitato una evoluzione del virus.
È presto per dire che i vaccini siano inefficaci?
Sì. Per ora non possiamo dirlo. Non ci sono dati sufficienti. La cosa interessante da vedere è se veramente è più contagiosa della variante Delta perché se siamo coperti dal vaccino, la malattia in sé non è un problema. Lo è la contagiosità. Lo dimostrano i casi italiani: i ricoveri in ospedale e le vittime riguardano persone senza vaccino.
A parte il divieto per gli arrivi e le partenze dall’Africa australe, come si può tenere sotto controllo la nuova variante?
È difficile diffondere un vaccino a mRna a una temperatura sotto zero in un continente come l’Africa però ora con il Novavax che funziona a temperatura ambiente si potrebbe fare. Per sconfiggere le sacche endemiche, bisogna fare una vaccinazione a tappeto e in maniera globale.
La pandemia ha cambiato la vita di tutti nel Pianeta, ha eliminato tutti i confini. Bisogna ragionare in maniera globale, vaccinando tutte le aree del mondo. Solo così potremo abbassare il numero dei casi e il rischio di formazione di nuove varianti.
Il vaccino Pfizer per i bambini fra i 5 e gli 11 anni è stato appena approvato dall’Ema. Lei lo consiglia?
Prima di vaccinare i bambini in quella fascia di età, è consigliabile spingere sulla vaccinazione dei cinquantenni ancora indecisi. Sono questi ultimi a far circolare maggiormente il virus. Se avremo garanzia assoluta dell’assenza di effetti collaterali importanti sui bambini potremo pensare di fare una campagna vaccinale anche rivolta a loro ma prima di queste assicurazioni dobbiamo puntare agli adulti. Il vaccino, lo ribadisco, non elimina il contagio ma allontana il rischio della malattia che per gli adulti è maggiore.
Elisabetta Gramolini