Natale a Cuba… ovvero l’attesa dello Sconosciuto
I decenni di ateismo di Stato, dopo la Rivoluzione, hanno fatto sì che i cubani dimenticassero il significato del 25 dicembre. Ma c'è chi, come nella parrocchia Nuestra Señora del Rosario in Palma Soriano, tiene viva la tradizione religiosa. Qui il racconto del missionario fidei donum don Marco Pavan, della diocesi di Milano. "Nella comunità cristiana - afferma - si attende il Natale e ci si prepara a viverlo bene, sapendo di essere testimonianza vivente dell’incontro con il Signore Gesù"
Natale a Cuba: sembra il titolo di un cine-panettone. E in effetti, solitamente diversi turisti vanno a trascorrere le vacanze di Natale a Cuba. Quest’anno, nonostante le forti limitazioni dovute alla pandemia, l’isola punta moltissimo sul turismo per risollevare un’economia decisamente in crisi. Le norme di sicurezza dal 15 di novembre sono più flessibili ed è possibile entrare senza periodi di quarantena, sono stati costruiti nuovi alberghi e si fa di tutto per rendere più accogliente e accattivante il soggiorno.
Attesa dello Sconosciuto: quasi un ossimoro per ben descrivere il clima che si respira a fine anno. Si attende qualcosa o qualcuno, ma non si sa bene chi e perché, semplicemente si vuole far festa. Per comprendere l’attuale situazione occorre fare qualche passo indietro nella storia. Dopo la Rivoluzione, inizialmente è stato imposto l’ateismo di stato e il giorno di Natale era diventato un giorno lavorativo come tutti gli altri. Le feste religiose sono state eliminate o sostituite da feste civili, magari poi spostate in date diverse (come è successo all’Epifania, trasformata nel giorno dei bambini, data poi spostata in giugno). Essere cristiano e andare in chiesa era motivo sufficiente per essere discriminato nella carriera di studio e lavorativa. Per questo motivo per anni la pratica religiosa è stata quasi completamente abbandonata e la fede è rimasta viva solo nelle famiglie e nelle pratiche domestiche. Solamente dopo la visita di Giovanni Paolo II, nel gennaio del 1998, il Natale è diventato giorno festivo e si è potuto riprendere a vivere la fede anche a livello pubblico. Ma ormai la gente aveva perso l’abitudine di ritrovarsi in famiglia, di stare con i propri cari, di fare qualcosa di particolare.
Per le strade non c’è nessun segnale esteriore: nessuna luminaria, nessun addobbo; tutto come in ogni altro periodo dell’anno. Solo nelle case dei cattolici si può incontrare un alberello addobbato – che molti peraltro lasciano durante tutto l’anno – e un presepe, il più delle volte decisamente attempato e malconcio. Ma d’altra parte, da nessuna parte sono in vendita prodotti natalizi. La gente non è più abituata a festeggiare il Natale, che rischia di finire per essere un giorno come tanti altri. Semplicemente è attesa delle feste civili seguenti, soprattutto il primo di gennaio, giorno del trionfo della Rivoluzione. Molti cercano di comprare un maialino da fare alla brace per festeggiare l’inizio del nuovo anno.
Gesù che nasce è il grande Sconosciuto. La gente sa che è Natale ma non sa bene cosa significhi. Si sa che è nato Gesù, ma non ci si ricorda dove e in che situazione e soprattutto cosa rappresenti questa nascita davvero speciale. In realtà, siamo di fronte a una occasione pastorale: l’annuncio della nascita del Salvatore può risuonare davvero come una notizia buona e nuova, non come qualcosa di risaputo, che non desta più nessuno stupore. Quando con i bambini del catechismo cerco di ricostruire il racconto della nascita di Gesù il più delle volte ne esce un racconto alternativo, decisamente originale e comico.
Lo scorso anno nella mia parrocchia, Nuestra Señora del Rosario in Palma Soriano, provincia di Santiago de Cuba, la notte di Natale abbiamo organizzato un concerto on the road, con rivisitazioni rock di canti natalizi. La gente che passava per la strada si fermava ad ascoltare e chiedeva che occasione si stesse festeggiando, completamente ignara che fossimo nella Notte Santa. L’anno precedente abbiamo fatto un presepe vivente coi giovani, che ballavano canti di Natale con ritmi caraibici: anche in quella occasione la gente si fermava e non capiva bene cosa stesse succedendo.
Nella comunità cristiana si attende il Natale e ci si prepara a viverlo bene, sapendo di essere testimonianza vivente dell’incontro con il Signore Gesù. In particolare, nei nove giorni precedenti al Natale si vive la Posada (tradizione messicana, importata dai missionari guadalupani che negli scorsi anni sono giunti a Cuba). Ogni giorno in una casa differente si rivive in un clima di preghiera la ricerca di Maria e Giuseppe di ospitalità a Betlemme. Alla fine, Maria e Giuseppe troveranno un cuore disponibile ad accogliere la presenza del Messia che viene in mezzo a noi?
Marco Pavan (*)
(*) missionario fidei donum