Migranti. San Ferdinando, ancora una vittima delle fiamme nella baraccopoli
Rogo nella notte: a perdere la vita è stato il 29enne Moussa Ba, di nazionalità senegalese. E' la terza vittima di incendi in un anno. All’origine della tragedia potrebbe esserci uno dei tanti fuochi accesi dai migranti per riscaldarsi. Salvini: "Sarà sgomberato". Flai Cgil: “Tragedie annunciate. Basta chiacchiere!”
REGGIO CALABRIA - Ancora un incendio e ancora una vittima nella baraccopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria): è accaduto stanotte e a perdere la vita è stato il 29enne senegalese Moussa Ba (e non il 25enne Aldo Diallo, come erroneamente era stato divulgato in mattinata). Il rogo ha distrutto una ventina di baracche, prima di venire spento dai vigili del fuoco.
Secondo le indiscrezioni conseguenti ai primi accertamenti compiuti dalle forze dell’ordine, all’origine dell’incendio potrebbe esserci uno dei tanti fuochi accesi dai migranti per riscaldarsi. Le fiamme si sono poi propagate con grande velocità tra le baracche.
Il prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari, ha immediatamente convocato una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Nel corso del vertice è stato approntato un piano per trasferire i migranti. Il prefetto ha ribadito la necessità di attuare i programmi di accoglienza diffusa nella piana di Gioia Tauro, attraverso il coinvolgimento delle Amministrazioni comunali e della Regione Calabria, che ha manifestato la disponibilità a contribuire alla soluzione del problema con strumenti che incentivino le locazioni. Tra questi la creazione di un apposito fondo di garanzia per i proprietari che concedono un immobile in locazione, nonché l'investimento di risorse finanziarie per l'eventuale ristrutturazione di beni confiscati o del patrimonio pubblico.
Nella baraccopoli nel periodo invernale vivono anche migliaia di migranti impegnati nei lavori di raccolta degli agrumi nei campi della piana di Gioia Tauro.
Terza vittima in un anno. C’è tensione tra i migranti che vivono nella baraccopoli: da tempo chiedono soluzioni abitative alternative. Al momento non si registrano problemi di ordine pubblico ma è certo che il perpetuarsi delle condizioni di disagio e delle vicende luttuose sta creando da tempo parecchio nervosismo tra i lavoratori stranieri.
Con il decesso di stanotte, infatti, salgono a 3 le vittime di incendi nella baraccopoli di San Ferdinando in un anno: il 27 gennaio 2018 a perdere la vita fu la 26enne nigeriana Becky Moses (in quel caso lem indagini stabilirono che l’incendio fu doloso); il 2 dicembre 2018 a morire è stata Surawa Jaith, del Gambia, che avrebbe compiuto 18 anni pochi giorni dopo. Anche in precedenza si erano verificati altri incendi, che fortunatamente non avevano causato vittime.
Salvini: "Il campo sarà sgomberato!". Il ministro dell'Interno: “Sgombereremo la baraccopoli di San Ferdinando. L’avevamo promesso e lo faremo, anche perché illegalità e degrado provocano tragedie come quella di poche ore fa (un incendio con una vittima). Per gli extracomunitari di San Ferdinando con protezione internazionale, avevamo messo a disposizione 133 posti nei progetti Sprar. Hanno aderito solo in otto (otto!), tutti del Mali. E anche gli altri immigrati, che pure potevano accedere ai Cara o ai Cas, hanno preferito rimanere nella baraccopoli. Basta abusi e illegalità”.
Da fonti del Viminale si è appreso poi che l'intenzione è proprio quella eliminare l'insediamento abusivo, per evitare il ripetersi di simili tragedie e combattere degrado e illegalità. Dalle prossime ore partirà il piano, già messo a punto nelle ultime settimane: il primo passo prevede lo spostamento di 40 immigrati regolari in strutture d'accoglienza regionali.
Flai Cgil: “Tragedie annunciate. Basta chiacchiere dolose”. “Ancora un giovane lavoratore morto questa notte nella tendopoli di San Ferdinando a causa di un incendio; meno di due mesi fa un fatto analogo e un’altra vittima. Ancora una volta ci troviamo davanti a tragedie annunciate, che, al di là dei proclami e di alcuni tentativi di soluzioni, non si riescono ad arginare veramente”. Lo dichiara Ivana Galli, Segretaria Generale Flai Cgil.
“E’ chiaro che il nodo del problema è nella condizione lavorativa e abitativa di tanti giovani stranieri impiegati nel lavoro agricolo nella Piana di Gioia Tauro, che vengono sfruttati e sottopagati e non posso permettersi nulla di più di una baracca alla tendopoli. Torniamo a chiede che le istituzioni intervengano con piani adeguati e soluzioni che la normativa consente. Altrimenti periodicamente saremo a piangere per giovani vite spezzate, ragazzi che conosciamo, che incontriamo per informarli e aiutarli nel chiedere un lavoro giusto e non sfruttato. Ora basta serve intervenire, non abbiamo bisogno di commissioni. Saremo a San Ferdinando per chiedere di smetterla con chiacchiere dolose”.
Fai Cisl: Basta ghetti. Realizzare progetti abitativi e di accoglienza”. Con una nota congiunta, il Segretario generale della Fai Cisl nazionale, Onofrio Rota, e il Segretario della Fai Cisl Calabria Michele Sapia, affermano: “L’ennesima vittima impone a tutti di farla finita con le parole, i progetti simili a chimere, gli impegni che quasi mai si concretizzano: non è più rinviabile un piano straordinario di ripristino delle condizioni di legalità e di tutela della dignità umana”. “Lunedì – afferma Sapia – in un incontro programmato da tempo, saremo a San Ferdinando per ribadire le nostre proposte, e ci attendiamo che davanti alla terza incolpevole vittima le istituzioni e la politica siano finalmente capaci di fare sistema e di essere protagonisti di azioni che possano essere anche un messaggio per l’intero Paese”.
“Esprimiamo vicinanza alle famiglie delle vittime, e il nostro sostegno a chi vive ancora in questi luoghi abbandonati. In Calabria la popolazione immigrata è rappresentata ormai da oltre 100.000 persone e abbiamo il dovere di agire concretamente con la realizzazione di progetti per l’accoglienza. Per questo assieme a Confagricoltura, Cia e Coldiretti di Reggio Calabria abbiamo già definito un articolato progetto per la realizzazione di siti abitativi destinati ad ospitare i lavoratori agricoli dell’intera piana di Gioia Tauro. Un progetto che deve divenire regionale e di riferimento per l’intero territorio calabrese. Inoltre sarà indispensabile – aggiunge Sapia – avviare urgentemente la Cabina di Regia regionale con precisi obiettivi: coordinare l’andamento delle attività contro il caporalato e il lavoro nero, promuovere azioni di prevenzione e informazioni sul territorio, definire progetti di accoglienza, alloggio e trasporto dei lavoratori agricoli”.
“Ancora una vittima della mancata inclusione sociale”, aggiunge Onofrio Rota: “In questo momento di grande dolore, esprimiamo la nostra vicinanza ai cari del migrante morto, ma riteniamo sia grave l’atteggiamento delle nostre istituzioni. Ogni volta che accadono simili tragedie si susseguono le promesse di smantellamento dei ghetti, ma il cambiamento non c’è. Vogliamo ricordare che queste persone sono spesso regolari, e rappresentano una parte importante del mondo produttivo agricolo, ma cadono nel dimenticatoio ogni qualvolta finisca una stagione di raccolta. Nessuno dovrebbe vivere in simili condizioni. Serve un’azione concertata con le parti sociali per pianificare progetti di inclusione sociale e accoglienza. Le buone pratiche esistono e vanno incrementate, a cominciare da quanto proposto con il progetto abitativo ‘immigrati fuori dal ghetto’ definito dalle parti sociali proprio per la zona di Gioia Tauro”.
Le altre reazioni. Diverse le reazioni alla’ccaduto, soprattutto sui social. Su Twitter Carlotta Sami, portavoce dell'Alto Commissariato per i diritti umani (Unhcr), scrive: "#SanFerdinando ancora una giovane vita, un lavoratore migrante morto in modo tragico e insensato. Troppe persone ridotte a condizioni terribili di sfruttamento e assenza di diritti. Inaccettabile. Ancora dolore profondo". La Caritas Ambrosiana scrive: “Un ghetto non è degno di un paese civile”. Mentre Baobab Experience sottolinea: “Nuovo rogo nella tendopoli di San Ferdinando muore una persona”.
Sul piano politico, sempre su twitter, la deputata del Pd Giuditta Pini scrive che Aldo Diallo è stato ucciso dall’indifferenza di stato: “Cronaca di una morte annunciata. Aldo Diallo è morto bruciato in una baraccopoli in Italia a San Ferdinando. Ucciso dall'indifferenza di chi gira la faccia dall'altra parte per non disturbare le mafie e dall'incapacità dello Stato di combattere la schiavitù #SANFERDINANDO”.
E Stefano Fassina, deputato LeU: "A San Ferdinando, un'altra vittima di sfruttamento di lavoro, di indifferenza, di paura. Un'area di degrado nota e tollerata per dare schiavi alla filiera agricola nazionale. Lo sceriffo d'Italia al Ministero dell'Interno annuncia l'ennesimo sgombero: è facile, effetto mediatico assicurato. Soprattutto, non disturba gli interessi più forti: i disperati, dispersi nel territorio, potranno continuare a essere sfruttati. La baraccopoli va superata attraverso i programmi di integrazione diffusa e la regolarizzazione dei rapporti di lavoro. Sospendete la propaganda almeno a ridosso della tragedia".
E, in una nota, il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali, scrive: "Lo dico chiaro, per l'ennesima volta: non si riuscirà a contrastare il fenomeno delle baraccopoli fino a quando non si avra' il coraggio di combattere e sconfiggere il caporalato e lo schiavismo gestiti dalle mafie infiltrate nell'agricoltura. Quei ragazzi non vivono nelle baraccopoli perché è bello, ma perché diversamente non lavorerebbero. Se rifiutassero quel sistema i padroni non li chiamerebbero più nei campi. E' chiaro?". “Lo Stato – continua - deve intervenire in maniera forte e chiara innanzitutto deve interrompere l'intermediazione illecita di lavoro, sostituendosi a chi la fa in maniera fraudolenta”.