Migranti, Sea Watch: "Accanimento contro l'attività umanitaria in mare"
Per la Procura di Catania il comportamento dell'ong in occasione dell'ultimo salvataggio non ha “nessuna rilevanza penale”. L'on "Per noi non è una vittoria, siamo in mare per colmare un vuoto"
ROMA - "Apprendiamo che la nostra condotta non abbia “nessuna rilevanza penale”. Non si tratta di una vittoria: mai si dovrebbe verificare un tale accanimento contro chi svolge nelle migliori intenzioni un’attività umanitaria che cerca di colmare il vuoto lasciato in un’area dove le persone continuano a morire affogate, quando non sono ricondotte alle terribili vessazioni che trafficanti, aguzzini e carcerieri infliggono loro in Libia". Lo sottolinea in una nota l'ong Sea Watch.
La Procura di Catania, a conclusione di una attenta attività di indagine, ha infatti riconosciuto la legittimità della “necessità di un immediato intervento della Sea Watch”, in linea con l’obbligo di soccorso, e in mancanza del quale “il progressivo sgonfiamento dei tubolari del gommone (...) avrebbe inesorabilmente portato all’affondamento del natante”. "Alla luce di quanto detto si ribadisce la piena legittimità dell’intervento della Sea-Watch 3, nonché degli altri assetti civili in mare, ed emerge come sia essenziale provvedere alla presenza di dispositivi idonei al soccorso per prevenire la perdita di vite umane nel Mediterraneo - continua la nota. La Procura inoltre come “per ben due giorni nessuna motovedetta libica è intervenuta in quella zona”. Ciò impone una seria riflessione circa l’incapacità della cosiddetta Guardia Costiera libica di provvedere a un’adeguata assistenza nella vastissima area Sar che le è stata riconosciuta e il cui intervento non può comunque tradursi in un rientro forzato in Libia delle persone che da lì fuggono".
Il comunicato si conclude con considerazioni circa la navigabilità in sicurezza della Sea-Watch 3, "la cui corretta registrazione, inopportunamente contestata in pubbliche dichiarazioni del governo, viene invece riconosciuta dalla Procura - spiega l'ong -. Si evidenzia inoltre come la nave non sia idonea a ospitare più persone di quante ne sia concepita per trasportare. Facciamo presente in merito che, nell’ambito di un’operazione di soccorso, non si lasciano le persone in mare quando non via siano in loco assetti maggiormente idonei a farlo".
In seguito al soccorso, la normativa predispone l’obbligo di assegnare un Pos, un “Posto Sicuro”, di destinazione “senza alcun ritardo", ricorda l'ong tedesca. "Nessuna nave, di soccorso e non, indipendentemente dalla sua registrazione, è preposta alla permanenza a bordo per lunghi periodi dei naufraghi soccorsi. Nel caso specifico, in data 24 gennaio, la Sea-Watch 3 comunicava l’intenzione di dirigersi verso il porto di Siracusa proprio per via della condizione di precaria sicurezza a bordo legata alla situazione di rilievo umanitario risultante dal soccorso e protratta per via della mancata assegnazione di un POS - continua la nota -. Tale richiesta ha ricevuto un diniego immotivato da parte delle autorità italiane, che l’hanno quindi deliberatamente costretta a restare in mare, all’ancora, a un miglio dalla costa, per 7 giorni. È indispensabile che le indagini si rivolgano alla lotta al traffico di esseri umani e alla difesa delle persone dagli abusi connessi a tale reato, e non alla società civile che si batte per la difesa della vita e della dignità umana in mare. Il caso Sea-Watch dimostra che, malgrado l’immenso sforzo di deterrenza, le acque e i porti italiani non sono chiusi".
La nave è ancora ferma al porto di Catania, una famigli locale questa mattina si è recata al porto per portare docli siciliani a tutto l'equipaggio: "Catania ci fa sentire a casa, dimostrandoci solidarietà e accoglienza", sottolinea Sea Watch.