L’Etiopia nel caos. E a pagare sono soprattutto i civili
In Etiopia si vivono momenti di grande tensione. Gli scontri sono cominciati nel novembre dello scorso anno nel Tigray, dove si erano tenute elezioni non autorizzate vinte dal Tigray People’s Liberation Front. Le manifestazioni a favore del governo di Abiy Ahmed continuano nella capitale etiope e la situazione si è resa ancora più esplosiva dopo un discorso del premier di inizio novembre
In Etiopia si vivono momenti di grande tensione. Un cittadino etiope che vive nella capitale e che ha chiesto l’anonimato, ha sintetizzato così la situazione parlando a Osservatorio Diritti: ''Abbiamo tutti moltissima paura. La situazione è terrificante. Per ora ad Addis Abeba la vita prosegue normalmente nonostante le manifestazioni a favore del governo, ma non sappiamo cosa potrà succedere da qui a pochi mesi''.
Gli scontri sono cominciati nel novembre dello scorso anno nel Tigray, dove si erano tenute elezioni non autorizzate vinte dal Tigray People’s Liberation Front. Le truppe governative, insieme a quelle eritree e alle milizie Ahmara, avevano risposto attaccando la regione. Una mossa che in un primo tempo aveva avuto successo, ma che aveva dovuto presto fare i conti con la reazione dei partigiani tigrini, che sono riusciti a prendere la città di Macallé, gli importanti centri di Dessie e Kombolchoa e ad allargare gli scontri ad altre zone del Paese. E ora si combatte a qualche centinaio di chilometri da Addis Abeba.
Le manifestazioni a favore del governo di Abiy Ahmed continuano nella capitale etiope. E la situazione si è resa ancora più esplosiva dopo un discorso del premier di inizio novembre, che aveva chiesto alla gente di ''sospendere ogni attività per marciare con ogni arma per seppellire i terroristi''. E a questo punto è difficile prevedere come si potrà uscire da questa situazione, visto anche che il fronte si è allargato ancora, con i ribelli dell’Oromo Liberation Font che si sono uniti alle forze tigrine e che stanno attaccando le truppe da sud. Contro il governo centrale, inoltre, è nata un’alleanza che raggruppa nove gruppi armati etiopi.
Gli appelli alla pace sono arrivati da tutta la comunità internazionale. Da papa Francesco, che ha dichiarato di pregare per la fine delle ostilità, al segretario di Stato Usa, Antony Blinken, che ha detto che “tutte le parti devono fermare le operazioni militari e iniziare i negoziati per il cessate il fuoco senza precondizioni”. Per ora, però, la guerra prosegue.
L’inchiesta. Le violazioni dei diritti umani sono state denunciate nei giorni scorsi anche da un’indagine portata avanti dalla Commissione etiope per i diritti umani (Ehrc) e dall’Ufficio delle Onu per i diritti umani. Tra i crimini citati ci sono esecuzioni extragiudiziali, torture, violenze sessuali ed espulsioni coatte di civili. “Il conflitto del Tigray è stato caratterizzato da un'estrema brutalità. La gravità delle violazioni e degli abusi che abbiamo documentato sottolineano la necessità di ritenere responsabili entrambe le parti", ha detto Michelle Bachelet, Alto commissario per i diritti umani.
L’articolo integrale di Daniele Bellocchio, “Guerra Etiopia: scoppiato nel Tigray, il conflitto oggi è fuori controllo”, può essere letto su Osservatorio Diritti.