Invalidità, 1.300 euro alla "mamma che sta a casa": l'idea di Di Maio non piace
Il ministro ha annunciato: “I 260 mila invalidi avranno accesso al reddito di cittadinanza: 780 euro di pensione a chi vive da solo, oppure 1.300 euro al nucleo familiare”. Dove trovarli? “Abbiamo un tesoretto di 400 milioni, avendo ridotto la platea degli stranieri”. Le mamme: “Non vogliamo elemosina, ma servizi e opportunità”
ROMA – Le pensioni d'invalidità saranno elevate a 780 euro, mentre arriveranno a 1.300 euro se la persona con disabilità vive in famiglia. “In modo tale che la mamma che ha un figlio invalido non dovrà cercare un lavoro”. Così il ministro Luigi Di Maio, rispondendo ieri a Radio Anch'Io a Giorgio Zanchini che gli domandava: “Il ministro Salvini ha chiesto più soldi per gli invalidi: ci saranno?” Ci saranno, “sì – ha assicurato Di Maio - 260 mila invalidi italiani che fino a oggi hanno un certo trattamento economico, avranno accesso al programma di reddito di cittadinanza, senza ovviamente che sia chiesta loro una riqualificazione al lavoro, perché sono persone diversamente abili (sic)”.In cosa consiste questo programma? “Questo consentirà loro, se vivono da soli, di portare la propria pensione d'invalidità a 780 euro. Se invece vivono in un nucleo familiare, noi daremo 1.300 euro al nucleo familiare, così chi sta vicino all'invalido non dovrà chiedere di trovare un lavoro. In questo modo, la mamma che ha un figlio invalido non dovrà lavorare”. Per quanto riguarda la copertura finanziaria, non ci saranno difficoltà, perché “c'è un tesoretto di 400 milioni – ha ricordato Di Maio - avendo alzato la soglia dei lungo soggiornanti a 10 anni. In questo modo abbiamo ridotto la platea degli stranieri e ci avanzano 400 milioni, che ridistribuiremo tra pensioni minime, pensioni d'invalidità e formazione per i centri per l'impiego”.
Sembra un preciso programma politico, una risposta all'ultimatum di Salvini e un'indicazione per le correzioni da apportare al decreto attuativo del reddito di cittadinanza. Un programma che però, così come è stato abbozzato dal ministro, non piace affatto alle “mamme degli invalidi”, a cui abbiamo fatto ascoltare le dichiarazioni di Di Maio.
Gabriella La Rovere, la “guerra tra poveri”, con la “fregatura certa”. Non piace affatto a Gabriella La Rovere, medico e scrittrice, ma sopratutto mamma di una ragazza ormai adulta con autismo grave. “Questa pensata di Di Maio mette in contrapposizione due categorie fragili, immigrati e disabili: toglie a uno e dà a un altro, la solita guerra tra poveri, la conosciamo bene. Ci dà questi 1.300 euro pensando di farci contenti, ma sono una goccia nel mare. Immagino già la fregatura: quando il prossimo adulto autistico picchierà la madre o il padre di turno, sui giornali si scriverà 'Eppure avevano ricevuto 1.300 euro per il figlio: come li hanno spesi?'. Voglio dire al ministro che i nostri figli 'invalidi' hanno bisogno di persone qualificate al loro fianco: e io con .1.300 euro riesco forse a pagare una persona per ritagliarmi qualche ora al giorno per una settimana. Ed ecco che quei soldi finiscono. Ci vuole ben altro per stare accanto a un adulto con disabilità e purtroppo manca tutto: me ne sono resa conto proprio oggi, che un adulto autistico che frequenta uno dei laboratori che tengo come volontaria ha avuto un ricovero coatto: è una tristezza enorme, un fatto gravissimo, un terremoto. Eppure, in certi casi, non si può fare diversamente, proprio perché mancano quei servizi sul territorio che dovrebbero fare in modo che non succedano cose irreparabili. E' di quello che abbiamo bisogno”.
Preoccupata dalla proposta anche Elena Improta, fondatrice di 'Oltre lo sguardo onlus' e protagonista di diverse battaglie per i diritti di suo figlio Mario e degli altri ragazzi adulti come lui, con disabilità gravi. “Il principio di aumentare i fondi per la disabilità è condivisibile e doveroso - premette Improta - Questi fondi sono stati sempre insufficienti ed è quindi un bene che si parli di elevare pensione d'invalidità. Va però considerato – prosegue - che la disabilità è un mondo complesso, che chiede interventi integrati. Quindi lo Stato ha il dovere di garantire anche il resto: non può chiedere alla la mamma, o la famiglia, di supplire con 1.300 euro alla mancanza di servizi e di supporti. In altre parole, è inaccettabile che lo Stato dia i soldi alla mamma, permettendole di non andare a lavorare. Anche perché, ce lo dicono le ricerche, questa donna finirà per ammalarsi”. L'idea abbozzata da Di Maio, in sintesi, condanna la famiglia alla “segregazione, anche perché sicuramente – osserva Improta – questo finanziamento comporterà la rinuncia ad altri servizi, magari aumentando il reddito familiare e l'Isee. Se così fosse – conclude Improta – andrà in fumo il 'dopo di noi' e sarà cancellato quel principio fondamentale su cui si basa: l'autonomia della persona con disabilità dal nucleo familiare. In questo modo, il 'dopo di noi' non esisterà: esisterà solo un durante noi fatto di segregazione e annullamento totale della persona, della mamma e di tutto il nucleo familiare”.
Molto “allarmata” e perfino “insultata” si dice Sara Bonanno, che ha un figlio adulto con una disabilità gravissima, di cui si prende cura 24 ore al giorno: “Noi non vogliamo l'elemosina di Stato - spiega - Siamo cittadini con la stessa dignità di tutti gli altri, anche se con maggiori difficoltà. La nostra Costituzione parla chiaro: chi ha maggiori difficoltà deve essere aiutato nel poter accedere alla stessa vita degli altri, non nel rimanere in una sacca di caritatevole compiacenza. Sia le persone con disabilità anche grave che i caregiver familiari devono essere messi nella condizione di poter lavorare, perché è solo attraverso il lavoro che si ottengono dignità e inclusione. E' ovvio che io non potrò mai recarmi a 250 km dal luogo di residenza con un figlio allettato – aggiunge - ma posso essere supportata nel telelavoro, e/o in un part time conformato alle esigenze assistenziali di mio figlio. E gli stessi aspetti devono essere affrontati per le persone con disabilità anche molto gravi, che devono essere supportate nell'inserimento lavorativo”. E proprio sulla questione del lavoro insiste Sara Bonanno: “E' arrivato il momento di superare l'antiquato concetto della 'incollocabilità lavorativa' delle persone con disabilità più gravi, esattamente come si è superato il concetto di 'ineducabilità scolastica'. Chiunque può essere messo in grado di lavorare, lo dice la nostra stessa Costituzione. Ed è questa possibilità che chiediamo ci venga garantita”. (cl)