India, in piazza (da mesi) contro la riforma “anti-contadini”
Continua la protesta cominciata il 26 novembre dello scorso anno: in sit-in permanenti agricoltori e contadini contro la riforma agricola. Il nuovo pacchetto di norme è accusato di aprire indiscriminatamente il settore ai giganti dell’agribusiness
Continua la protesta più imponente della storia dell'India, cominciata il 26 novembre dello scorso anno. A scendere in piazza e stabilire sit-in permanenti sono agricoltori e contadini, infuriati per la riforma agricola, già ribattezzata “anti-contadini”, che consegnerebbe il settore agli interessi corporativi. L’esecutivo di Nuova Delhi finora non ha ascoltato le ragioni della protesta e non sembra intenzionato a rimettere in discussione le proprie scelte. “Siamo qui per ricordare ancora una volta al governo che le leggi anti-contadini devono essere abrogate per proteggere l’agricoltura indiana e milioni di contadini poveri da una completa acquisizione da parte delle grandi aziende”, ha dichiarato Rakesh Tikait, numero uno di un grande sindacato, il Bharatiya Kisan Union.
I fatti. La protesta è esplosa in seguito alla decisione del settembre scorso del parlamento indiano di approvare la riforma agricola, composta da tre leggi. Il nuovo pacchetto di norme, accusato di aprire indiscriminatamente il settore ai giganti dell’agribusiness, avrebbe l’effetto, tra l’altro, di consentire ai contadini di trattare i prezzi direttamente con le grosse società e di liberalizzare oltremodo i prezzi di prodotti agricoli e dei servizi loro legati, attività controllate finora dalle autorità pubbliche. In questo modo, sostiene chi protesta, saranno annullate le già poche garanzie a tutela dei contadini, impiegati in un settore che coinvolte oltre il 50% dei lavoratori del Paese. Tutto questo, peraltro, si inserisce in un contesto di grande difficoltà per gli agricoltori, da tempo indebitati ben oltre i livelli di guardia per far fronte ai costi crescenti. Una situazione così pesante che si stima che negli ultimi vent’anni abbia portato più di 300.000 contadini a suicidarsi.
Questa protesta ha qualcosa di unico. Cominciate con uno sciopero generale a fine novembre 2020 e non ancora concluse, le manifestazioni si sono diffuse a tutto il Paese. Carovane di trattori hanno raggiunto Nuova Delhi, per accamparsi poi al confine della megalopoli dopo le cariche delle forze dell’ordine. Gli agricoltori si sono anche riuniti ogni giorno, durante la stagione dei monsoni, nel “Kisan Sansad”, il parlamento dei contadini, per chiedere di ritirare le tre leggi. L’accusa al governo Modi da parte dei sindacati di piccole e medie dimensioni, “Andolan e Kisan Union”, è di “aver venduto il settore pubblico alle imprese”.
L’articolo integrale di Maria Tavernini, "India, proteste non stop dei contadini contro la riforma agricola", può essere letto su Osservatorio Diritti.