Housing first, in Italia mille persone accolte: “Dal Pnrr nuovi finanziamenti”
All’Homeless more rights festival di Bologna, Caterina Cortese di fio.PSD racconta l’approccio per contrastare la grave emarginazione adulta che dà una casa a chi vive in strada, senza passare per il dormitorio. “Oggi l’housing first è attivo in 52 città italiane: nel Piano del governo 250 progetti finanziati”
Circa mille persone accolte, progetti attivi in 52 città italiane, con una percentuale di persone che abbandonano il programma pari solo al 7 per cento, e un utente su tre che ottiene la residenza e il reddito di cittadinanza. Sono i dati dell’housing first in Italia, riportati da Caterina Cortese, responsabile dell’area Studio, ricerca e promozione culturale della fio.PSD (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora), che è intervenuta a Bologna all’Homeless more rights festival organizzato da Avvocato di strada.
L’housing first è uno degli approcci più innovativi per contrastare la grave marginalità adulta, e consiste nel dare alle persone senza dimora l’opportunità di entrare in un appartamento autonomo senza passare dal dormitorio, con il supporto di una equipe di operatori sociali direttamente in casa. “Nel nostro paese si sta puntando sempre di più sull’housing first, e recentemente si sono aperti nuovi progetti anche in alcune piccole città, che stanno individuando sul mercato immobiliare appartamenti adatti a questo tipo di programma – racconta Cortese –. Questo è un segno di un cambio di passo: il governo sta investendo sempre di più sulle politiche abitative, e l’housing first fa parte di queste. Nel Pnrr, ad esempio, vengono finanziati oltre 250 progetti di housing first, con un investimento di circa 250 milioni di euro”.
A raccontare come funziona un progetto dall’interno c’è Antonella Macellaro, educatrice della cooperativa sociale Piazza Grande, che si occupa dei percorsi educativi delle persone inserite nel programma Housing First Co.Bo. “Prima di entrare in casa, la persona che sceglie di far parte del progetto firma un patto di convivenza – spiega –. Le regole sono tre: pagamento della quota mensile, che permette di responsabilizzare la persona, partecipazione ai colloqui con gli educatori, e rispetto della civile convivenza”.
Macellaro racconta come la fase di ingaggio sia sempre molto delicata, così come quella di inizio della convivenza: “La prima riunione domiciliare è un rito. Si tratta di un momento dedicato ai coinquilini e ai problemi di gestione della convivenza: spesso si finisce a parlare di pulizie e di gestione degli spazi, ma questi malumori nascono in realtà malesseri più profondi. Il ruolo dell’operatore è quello di mediare e di favorire la comunicazione tra gli utenti”.
Negli ultimi mesi, Piazza Grande sta lavorando a un progetto pilota incentrato sulla cura del bello negli appartamenti di housing first. In tre case, si stanno sperimentando attività per rendere gli spazi più colorati e personalizzati. “È un incentivo a vivere la casa e farlo in modo positivo, sentendola come propria”, conclude Macellaro.
Alice Facchini