Gli italiani temono i tumori più di ogni altra malattia, ma la pandemia riduce screening e vaccinazioni
In Italia il tumore al collo dell’utero attribuibile all’Hpv uccide ogni anno circa 1.000 donne. Esistono efficaci strategie di prevenzione per le malattie Hpv correlate, ma a causa della pandemia si è registrato un calo della copertura dello screening cervicale quasi del 4%. Dopo i tumori, c’è la paura per le demenze, per le malattie che causano la non autosufficienza e le malattie cardiovascolari
Più di mille donne muoiono ogni anno a causa del tumore al collo dell’utero. Ogni anno in Italia si registrano più di 3 mila casi di tumore della cervice uterina causati dal Papillomavirus. Il tumore al collo dell’utero rappresenta ancora una importante causa di morte per le donne. Si stima che nel 2020 sono state 1.011 le donne decedute per questa patologia.
I tumori risultano le malattie più temute in assoluto sia dai genitori (69,6%) che dalle donne in particolare (67,7%). Più in basso si collocano la paura delle demenze (temute dal 42,7% dei genitori e dal 47,7% delle donne), la paura delle malattie che causano la non autosufficienza fisica (dal 28,9% sia tra i genitori che tra le donne), la paura delle malattie cardiovascolari (rispettivamente dal 18% e dall’11,9%). È quanto emerge dal nuovo Rapporto del Censis “Papillomavirus: lotta ai tumori. Per una cultura della prevenzione”, realizzato con il supporto non condizionato di Msd Italia, presentato oggi in occasione dell’International Hpv Awareness Day, a tre anni da uno studio analogo. La ricerca analizza la percezione del rischio di tumore da Hpv e le strategie di prevenzione adottate attraverso un’indagine condotta su due campioni, uno di genitori e uno di donne.
A causa del Covid-19 diminuisce la prevenzione
Il 69,1% dei genitori e il 65% delle donne sono del parere che i tumori si possano prevenire. Tra le strategie di prevenzione vengono segnalati prima di tutto i controlli medici e diagnostici preventivi (indicati dal 79,9% dei genitori e dall’84,2% delle donne). Ma, a causa della pandemia, la copertura dello screening cervicale tra le donne tra i 25 e i 64 anni ha subito un calo: è passata dall’81% del 2019 al 77,3% del 2020. A causa della concentrazione dei servizi sul contrasto alla pandemia si è ridotta anche l’operatività dei servizi di vaccinazione: i genitori che hanno ricevuto la chiamata attiva per la vaccinazione anti-Hpv sono diminuiti dal 56% del 2019 al 43,3% nel 2022.
Maggiore conoscenza del Papillomavirus, ma circolano inesattezze
Nel 2022 è aumentato il numero di genitori che sanno cosa è il Papillomavirus: sono passati dall’85,1% nel 2017 all’88,9%. La conoscenza è più diffusa tra le mamme (95,5%) e tra le persone con un livello d’istruzione superiore (94,0%). Anche la conoscenza più approfondita di questo virus migliora: nel 2019 solo la metà dei genitori sapeva che l’Hpv è responsabile di altri tumori oltre a quello del collo dell’utero, mentre nel 2022 questa consapevolezza è salita al 62,7%. Resta minoritaria la percentuale dei genitori che sanno che l’Hpv è responsabile dei condilomi genitali, ma è comunque in aumento, passando dal 42,6% nel 2019 al 46,9% dell’ultimo anno. Per il 24,8% dei genitori di entrambi i sessi (in progressiva diminuzione rispetto agli anni passati) si tratta di un virus che colpisce esclusivamente le donne. Tra le fonti d’informazione indicate dalle mamme (34,6%) e dalle donne (32,3%) prevale il ginecologo, mentre il medico di famiglia è maggiormente indicato dai padri (34,6%). Il 22,2% sia dei genitori che delle donne indica invece i materiali informativi (depliant, manifesti, campagne di sensibilizzazione) e il 20,2% i siti web. Più basse le quote di chi indica il servizio vaccinale della Asl (la quota scende dal 25,6% del 2019 al 18,0% del 2022) e il pediatra (13,0%).
Le donne preferiscono gli screening
Pap-test e Hpv-test sono i controlli che le donne hanno dichiarato di aver effettuato di più negli ultimi tre anni (62,9%). Il Pap-test è uno strumento di prevenzione ormai consolidato, conosciuto da quasi tutte le donne. Meno noto l’Hpv-test, di più recente introduzione, che ancora solo il 51,3% dei genitori conosce. L’88,4% delle donne afferma che il proprio ginecologo ha consigliato il Pap-test, mentre l’Hpv-test è stato consigliato solo nel 42,6% dei casi. Il 57,3% delle donne è stato sensibilizzato dallo specialista sull’importanza di trattare l’infezione da Hpv perché può causare il tumore al collo dell’utero, mentre solo al 25,4% è stata consigliata la vaccinazione. Anche alle donne che hanno segnalato almeno un problema legato all’Hpv la vaccinazione è stata consigliata solo nel 22% dei casi. Tra queste, il 71,6% dichiara che, se tornasse indietro, si vaccinerebbe o si sarebbe vaccinata prima contro l’Hpv. Riguardo ai comportamenti di prevenzione, il 61% sia delle donne che delle mamme afferma che adotta controlli preventivi come screening, esami e visite anche in assenza di sintomi. Sono le donne in età più matura (tra i 46 e i 55 anni) a effettuare maggiormente gli screening per prevenire il tumore al seno (79,8%) e alla cervice uterina (67,3%). Il 51,5% dei genitori e il 45% delle donne afferma di impegnarsi in stili di vita sani, il 39,0% in entrambi i casi afferma di ricorrere alla vaccinazione.
Nei genitori cresce la voglia di vaccinare i figli
I genitori che hanno deciso di vaccinare contro il Papillomavirus almeno un figlio sono aumentati nel tempo, passando dal 33,3% nel 2017 al 43,3% nel 2019 (il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 ha allargato l’indicazione gratuita ai maschi), fino al 46,1% di oggi. Aumentano rispetto al 2019 anche le persone interessate alla vaccinazione anti-Hpv che non hanno ancora vaccinato i figli, passate dal 25,4% al 28,1%, e in parallelo sono in riduzione i genitori che affermano di non essere interessati alla vaccinazione (erano il 30,6% nel 2017, sono l’11,3% nel 2022).