Coronavirus. Una lettera al giorno per non dimenticare i ragazzi della parrocchia della reclusione
Maria Teresa Teobaldo, catechista della parrocchia della casa di reclusione di Padova, ogni giorno scrive una mail a uno dei suoi ragazzi. È il suo modo per stare loro accanto, da casa.
Lei non si scoraggia e, anche se non rispondono, continua a scrivere le sue lettere via mail ai suoi “ragazzi”. Maria Teresa Teobaldo ha doppia residenza parrocchiale: quella della comunità del Duomo di Piove di Sacco, dove è accompagnatrice dei genitori dell’iniziazione cristiana, e quella della casa di reclusione Due Palazzi. Qui è catechista di un gruppo formato da una decina di persone detenute e prova tanta nostalgia per quegli incontri di catechesi sempre così densi di intuizioni e di sorprese umane.
Mi scrive su whatsapp che finora ha mandato la sua corrispondenza a quattro di loro:
«Da quando hanno fermato tutte le attività e i volontari non possono più entrare, ho deciso di scrivere ogni giorno a una persona diversa, privilegiando chi fa parte del mio gruppo. Solo Nicola per il momento mi ha risposto, ma non importa anche se gli altri non lo fanno. Mi basta che sentano che non li ho abbandonati o dimenticati. Continuerò a farlo e ad affidarci tutti alla Madonna delle Grazie nel santuario dove vado a pregare».
Nicola usa la penna con la sua scrittura gentile, misurata. Sebbene non sia troppo cambiata la routine tra lavoro al call center e studio – è iscritto all’università – a lui mancano il catechismo e la messa della domenica che sono occasioni imperdibili per attivare le relazioni e “uscire” per qualche ora dal carcere. A Maria Teresa, che conquista tutti con la sua simpatia e la sua determinata dolcezza di mamma, Nicola chiede cose semplici legate alla vita quotidiana: come stanno i figli, se c’è tempo in più per una passeggiata all’aria aperta ora che non si può andare a teatro. «Tornerò a scriverti presto – conclude – visto che non si sa quando tutta questa emergenza terminerà e non so quando ti rivedrò di persona, spero che ogni tanto mi scriverai per dirmi come stai».
«Mi manca non vedere i ragazzi – racconta Maria Teresa – sapere come stanno, com’è andata la loro settimana. Ogni volta mi chiedono se tornerò e devo sempre rassicurarli: per loro il nostro tornare rappresenta la certezza di non essere abbandonati».
La convinzione è una sola: quando tutto sarà passato sarà ancora più bello ritrovarsi, facendo festa intorno all’Eucaristia, magari a Pasqua. E, uscendo dai “sepolcri” a cui siamo costretti tutti, non saranno risparmiati abbracci a nessuno.