Coronavirus Covid-19: allarme Oms, la curva dei contagi è risalita in tutto Estremo Oriente. Padre Milanese (Pime), “la battaglia non è finita”
“La curva dei contagi è risalita e non solo ad Hong Kong, ma in tutto l’Estremo Oriente, in Giappone, in Corea del Sud, a Taiwan e Singapore. La battaglia non è finita”.
A rilanciare al Sir l’allarme dato poche ore fa dal direttore dell’Oms per il Pacifico occidentale, Takeshi Kasai, è padre Renzo Milanese, missionario del Pime ad Hong Kong.
“A metà febbraio – dice – il numero di contagi ufficialmente registrati nella ex colonia britannica era di poche centinaia, con soltanto 4 morti, nonostante la vicinanza geografica, economica e culturale con la Cina. Una situazione di apparente calma che ha spinto il governo, lo scorso 16 marzo, ad esortare una ripresa lenta e graduale alla normalità, prevedendo un rientro scaglionato di statali e para-statali almeno nell’amministrazione pubblica. Anche nelle scuole, si stava lavorando per una ripresa, chiedendo al personale di prepararsi al rientro scolastico”.
“Poi – racconta il missionario – lunedì 23 marzo, qualcosa è cambiato: prima il Ministero per l’educazione e subito dopo il governo hanno cominciato a fare dietrofront”. Venerdì 27 marzo a Hong Kong sono stati accertati 65 nuovi casi di Coronavirus in 24 ore, un record dall’inizio dell’emergenza. E sempre venerdì 27 marzo, intervenendo in conferenza stampa, la governatrice Carrie Lam ha annunciato il ripristino di nuove restrizioni a partire dal 28 marzo per 14 giorni: divieto di riunioni con una partecipazione superiore alle 4 persone; nuove misure di contenimento dei clienti per locali e ristoranti; chiusura ancora di cinema, centri fitness e parchi giochi. I casi purtroppo non cessano e oggi (mercoledì 1° aprile) – secondo i dati riportati dal South China Morning Post) – Hong Kong ha registrato 51 nuove infezioni da Coronavirus, portando il conteggio a 765, incluso il più giovane paziente locale identificato finora: un bambino di 40 giorni.
Ma cosa è successo esattamente? “Si parla di contagi di ritorno, dovuti in un primo tempo ai rientri soprattutto di studenti e lavoratori da Europa, Stati Uniti, Australia e Canada”, spiega il missionario italiano. Rientri che sono stati poi a loro volta focolai di contagio. Il governo ha dovuto chiudere nuovamente l’aeroporto agli stranieri, anche a quelli solo in transito, e ha deciso di porre in quarantena, in luoghi preposti ad hoc e sicuri, chi arriva dall’estero. La comunità scientifica mondiale guarda con attenzione quanto sta succedendo in Estremo Oriente, zona geografica che sta combattendo il virus con almeno due mesi in anticipo rispetto ad Italia ed Europa. “Il problema – osserva padre Milanese – è che purtroppo non si è ancora compreso l’andamento dell’epidemia, la diffusione cioè del virus. C’è chi parla di un nuovo picco previsto per settembre e ottobre, chi ritiene che la battaglia durerà almeno per i prossimi sei mesi” in attesa o dell’immunità di gregge o di una disponibilità sufficientemente estesa di un vaccino somministrato almeno a metà della popolazione.
Anche la Chiesa cattolica di Hong Kong ha deciso di non allentare le misure di contenimento decise ad inizio emergenza. Prendendo atto dell’annuncio fatto dal governo, venerdì 27 marzo, circa soprattutto la proibizione di assembramenti superiori alle 4 persone, la diocesi ha diramato un comunicato in cui si riconferma che le chiese rimarranno aperte solo per le preghiere individuali mantenendo una distanza di due metri tra le persone. Nella Settimana Santa le messe pubbliche sono cancellate e saranno celebrate privatamente e disponibili in live broadcast.
“Mentre il mondo è giustamente concentrato nella sua battaglia contro il Covid-19, ad Hong Kong – fa sapere sempre padre Milanese – continuano le proteste che dallo scorso anno stanno scuotendo la città. Sono di nuovo scesi in piazza oggi i manifestanti e ci sono stati scontri con la polizia e arresti”.