Chi sono i populisti? E come comunicano?
Una ricerca del Pew Research Center su otto Paesi europei (tra cui Francia, Germania, Italia, Spagna) confronta l’utilizzo dei media tra i cittadini per l’informazione, un tassello essenziale per la formazione dell’opinione pubblica.
Lo scenario politico dei Paesi europei si sta caratterizzando attraverso la differenza tra populisti e non populisti, mentre si sbiadisce l’impronta delle classiche contrapposizioni destra o sinistra. Questo provoca un forte cambiamento nelle modalità di leggere le dinamiche della democrazia.
Una linea di demarcazione la segnala l’utilizzo dei mezzi di comunicazione. Una ricerca del Pew Research Center su otto Paesi europei (tra cui Francia, Germania, Italia, Spagna) confronta l’utilizzo dei media tra i cittadini per l’informazione, un tassello essenziale per la formazione dell’opinione pubblica. Le differenze maggiori emergono nella distinzione tra chi è populista e chi no, rispetto a chi si dichiara di destra o di sinistra. I populisti a differenza degli altri non hanno fiducia nei veicoli di comunicazione classici, mentre reputano più affidabili le piattaforme web 2.0. Inoltre considerano poco affidabili le notizie mainstream che trattano temi di economia, immigrazione e criminalità. Invece tra cittadini di destra o di sinistra non emergono differenze significative.
L’indicazione è importante perché è un segnale di una nuova linea di demarcazione nella cultura politica delle nostre società occidentali.
Ma cosa significa essere populisti?
La ricerca li individua tra gli intervistati che si dichiarano d’accordo su due affermazioni: “la maggior parte degli eletti non si cura di quello che la gente come me pensa” e “La gente comune governerebbe meglio di quelli che sono stati eletti”. Cioè sono considerati populisti quei cittadini che segnano una differenza tra loro “il popolo” e gli “altri” i governanti. Allora risulta anche comprensibile la diffidenza che emerge verso i canali di comunicazione tradizionali, perché vengono identificati all’interno dei “poteri forti”. Invece si favoriscono i new media che dovrebbero valorizzare le “opinioni dal basso”, ma soprattutto favoriscono la promozione di alcune informazioni piuttosto che altre. Peccato che, come ricorda la ricerca dell’osservatorio statunitense, le origini delle notizie che circolano sul web non sono sempre chiare e oltre il 30% in tre Paesi (Italia, Francia e Spagna per la precisione) non prestano attenzione alle fonti delle informazioni che traggono.
La classificazione della ricerca in realtà mostra solo un aspetto del fenomeno: la distinzione tra alto – basso tra gente e poteri forti e alla comunicazione spesso autoreferenziale. Se ne dovrebbero tenere in considerazione anche altri. Come evidenziava Francesco Occhetta sj, sul numero 4008 de “La Civiltà Cattolica” c’è la disintermediazione, che elimina i corpi intermedi per un rapporto cittadini-forza politica, escludendo di fatto la pluralità nella società (i sindacati, le associazioni,le diverse realtà della società civile vengono messi all’angolo); poi c’è la visione messianica e moralistica della politica i populisti contrappongono un popolo puro a un’èlite corrotta, dove si nasconde un’idea di popolo uniforme e omogenea assente nella realtà.