Canada, tombe senza nome. I Capi delle First Nations: “Non ci fermeremo finché non li avremo ritrovati tutti”
Il Canada sprofonda di nuovo nell’orrore. Questa volta le cifre sono “impensabili”. Sono 751 i corpi ritrovati in tombe senza nome, privati di lapidi, nell’area di un’altra ex scuola residenziale di Marieval, a circa 150 chilometri dalla città di Regina. In una conferenza stampa trasmessa su YouTube, i Capi delle First Nations prendono la parola e promettono: “Non ci fermeremo finché non avremo trovato tutti i corpi”. L’arcivescovo di Regina scrive una lettera al Capo Cadmus Delmore: “Mi impegno a fare il possibile per trasformare quelle scuse in atti concreti significativi, incluso l’assistenza nell’accesso alle informazioni che vi potranno aiutare a fornire nomi e informazioni su coloro che sono sepolti in tombe anonime”
“Non ci fermeremo finché non avremo ritrovato tutti i corpi”. “Ogni bambino dovrà avere un nome e anche se non sarà possibile darlo a tutti, questo rimane il nostro obiettivo”. Prendono la parola i Capi delle First Nations e promettono verità, giustizia, guarigione. Sono passate poche ore dall’annuncio choc del ritrovamento di 751 corpi in tombe senza nome, privati di lapidi, nell’area di un’altra ex scuola residenziale di Marieval. Siamo nella provincia di Saskatchewan, a circa 150 chilometri dalla città di Regina. A dare le cifre, lo stato delle ricerche e le tecniche usate per sondare il terreno è Chief Cadmus Delmore del “Cowessess First Nation”, in una conferenza stampa trasmessa su YouTube alla quale hanno partecipato giornalisti di tutto il mondo. Dalla Germania alla Spagna, il mondo guarda il Canada e vede un Paese sprofondare di nuovo nell’orrore di una pagina oscura della sua storia. La scoperta a Marieval segue di pochi giorni il ritrovamento dei resti di 215 bambini, nella Kamloops Indian Residential School.
Gli scavi a Marieval hanno interessato un’area di 44 metri quadrati e sono partiti all’inizio di questo mese, subito dopo i ritrovamenti a Kamloops. Tutti sapevano che lì c’era un cimitero ma negli anni ’60 un prete che ha servito nella regione, ha distrutto le lapidi impedendo il riconoscimento dei corpi. La “Marieval Indian Residential School” ha operato dal 1899 al 1997 ed era frequentata dai bimbi del sud-est Saskatchewan e del sud-ovest Manitoba. Lo schema educativo purtroppo era lo stesso: i bambini delle popolazioni indigene venivano forzatamente separati dalle loro famiglie, obbligati a seguire le tradizioni dei “colonizzatori europei”, compresa l’adozione del cristianesimo, e costretti con violenza e abusi a dimenticare i propri costumi e lingue. “Questo Paese ha bisogno di verità e riconciliazione”, dice Chief Cadmus Delmore.
“Ogni bambino dovrà avere un nome e anche se non sarà possibile darlo a tutti, questo rimane il nostro obiettivo”.
Alla domanda di un giornalista spagnolo su cosa le popolazioni indigene si aspettano dalla Chiesa cattolica e dal Vaticano, risponde: “Il Papa deve scusarsi per quello che è successo alla Marieval Indian Residential School, per l’impatto che questo sistema ha avuto sui sopravvissuti e sui discendenti delle First Nations. Le scuse sono solo il primo passo per avviare un processo di guarigione”.
“Non ci fermeremo finché non avremo trovato tutti i corpi”, assicura Chief Bobby Cameron della Federazione delle Prime Nazioni Indigene Sovrane. “Cercheremo in tutte le scuole, ovunque. Racconteremo le storie di questi bambini e delle persone che sono morte. Uccise dallo Stato e dalla Chiesa. Non ci fermeremo. Il mondo ci sta guardando”. Chief Cameron non esita ad utilizzare termini come “sterminio”, “genocidio”. Poi sentenzia: “E’ stato un crimine contro l’umanità, un assalto alle Prime Nazioni. Questi bambini sono stati torturati e abusati. Lo dico in spirito di riconciliazione”.
“Il nostro popolo merita più di una scusa. Merita giustizia”. E sulle ricerche in atto, il Capo assicura: “siamo solo all’inizio”.
Finita la conferenza stampa, l’arcivescovo di Regina, mons. Don Bolen, pubblica sul sito della chiesa cattolica locale una lettera inviata oggi a Chief Cadmus Delmore del “Cowessess First Nation”. Il vescovo non nasconde il dolore provocato dal ritrovamento di un “numero impensabile di tombe senza nome”. Parla di una notizia “travolgente”, di “un’ondata di emozione” che ha travolto la comunità e il Canada. E assicura: “So che le parole di scuse possono sembrare un gesto molto piccolo di fronte al peso della sofferenza vissuta ma le rivolgo di nuovo e mi impegno a fare il possibile per trasformare quelle scuse in atti concreti significativi, incluso l’assistenza nell’accesso alle informazioni che vi potranno aiutare a fornire nomi e informazioni su coloro che sono sepolti in tombe anonime”.