Armi nucleari: dalle 70.000 della guerra fredda alle 12.700 attuali. “Ma presenti nelle strategie”

Il dossier di Archivio Disarmo, con l’editoriale di Maurizio Simoncelli. Dal Tpn al Tpnw, il quadro sui trattati e sulla situazione mondiale. L’invasione russa dell’Ucraina con le immediate minacce da parte di Putin ha riportato la questione all’attenzione di governi, mass media e opinione pubblica. ”La minaccia nucleare persiste: nel quadrante europeo stanno arrivando le nuove bombe statunitensi B61-12 in sostituzione delle obsolete B61”

Armi nucleari: dalle 70.000 della guerra fredda alle 12.700 attuali. “Ma presenti nelle strategie”

In occasione del secondo anniversario dell’entrata in vigore del TPNW , vale a dire il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (2021-2023), Archivio Disarmo pubblica il dossier Non proliferazione e riarmo nucleare , che raccoglie i paper pubblicati lo scorso anno sulla minaccia e sugli arsenali nucleari mondiali. I lavori sono preceduti da un’editoriale di Maurizio Simoncelli, vicepresidente e cofondatore di Archivio Disarmo, su due trattati vigenti in materia, TNP e TPNW.

“Il TPNW - Trattato sulla proibizione delle armi nucleari è entrato in vigore il 22 gennaio 2021, dopo che era stato approvato il 7 luglio 2017 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – scrive Simoncelli -. Esso vieta lo sviluppo, i test, la produzione, il trasferimento, il possesso, l’utilizzo di armi nucleari e la stessa minaccia di utilizzarle. Dati i lenti progressi dello storico TNP - Trattato di Non Proliferazione, approvato dall'Assemblea Generale dell'Onu il 1° luglio 1968 ed entrato in vigore il 5 marzo 1970 in piana Guerra Fredda, 122 paesi hanno voluto dotarsi di un ulteriore strumento che rendesse immediatamente illegali tali armi. Il TNP, che consente a soli cinque paesi (Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna) la relativa dotazione, ha visto un forte ridimensionamento quantitativo degli arsenali, passati da circa 70.000 testate nell’epoca della guerra fredda alle 12.700 attuali, di cui 3.730 sono effettivamente operative mentre altre 5.670 sono presenti come scorte. Le rimanenti 3.300 sono obsolete e in attesa di essere smantellate, pur essendo comunque relativamente intatte. Questi dati, elaborati come stime dalla Federation of American Scientists nel 2022, ci mostrano come comunque tali armi rimangano ben presenti nelle strategie militari non solo dei cinque paesi autorizzati dal TNP, ma anche di quelli che non ne sono firmatari come l’India, il Pakistan, la Corea del Nord e Israele. Va comunque segnalato sia che la stragrande maggioranza delle armi nucleari (11.405) è in mano agli Stati Uniti e alla Russia, sia che comunque è in atto un forte e diffuso processo di ammodernamento qualitativo delle testate e dei vettori, ad ulteriore conferma dell’importanza attribuita dai diversi governi alla loro detenzione”.

Continua Simoncelli: “Se nel passato si è discusso sulla valenza politica più che su quella militare di queste armi di distruzione di massa, l’invasione russa dell’Ucraina con le immediate minacce da parte di Putin per un eventuale loro uso ha riportato la questione all’attenzione dei governi, dei mass media e dell’opinione pubblica, nel passato disattenti rispetto a tali sistemi. Eppure l’iniziativa del TPNW aveva evidenziato che, presso molti paesi, vi era una sensibilità in merito, al punto che, dopo una campagna internazionale condotta da ICAN - International Campaign Against Nuclear Weapons, aveva portato dapprima ad una serie di conferenze internazionali ed infine al voto assembleare del 2017 in ambito Onu. E questo è avvenuto nonostante le resistenze e le opposizioni degli stati nucleari e dei loro alleati (compresa l’Italia), al punto che essi non parteciparono alle trattative e alla votazione del TPNW (con l’eccezione dell’Olanda, che si espresse contro). Anche se questi stati non hanno aderito (e pertanto gli arsenali sono rimasti estranei alle norme del TPNW), è da considerare comunque non solo la valenza politica del TPNW, ma anche l’aspetto economico, dato che il Trattato proibisce pure l’assistenza finanziaria da parte delle istituzioni del settore. Questo, in un mondo interconnesso, può pertanto avere delle ripercussioni, come ha dimostrato già l’olandese ABP, uno dei cinque maggiori fondi pensione del mondo, che ha deciso di non investire più in produttori di armi nucleari”.

L’editoriale sottolinea che ad oggi sono 68 gli stati parte del Trattato e 98 quelli firmatari (che non hanno ancora ratificato): va segnalato che tra i paesi del giorno di apertura alla firma (20 settembre 2017) vi è stato il Vaticano, che con papa Francesco ha sempre evidenziato una grande attenzione alla questione, anche con il simposio internazionale ‘Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale’, organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale del 10 e 11 novembre 2017.
“A distanza di due anni dall’entrata in vigore del TPNW, la minaccia nucleare comunque persiste: nel quadrante europeo stanno arrivando le nuove bombe statunitensi B61-12 in sostituzione delle obsolete B61, già presenti nelle basi in Belgio (Kleine Brogel), in Germania (Buchel), in Italia (Aviano e Ghedi), nei Paesi Bassi (Volkel) e in Turchia (Incirlik), che saranno aviotrasportate dai moderni F35, capaci di un raggio doppio d’azione rispetto ai vettori attuali. Inoltre queste bombe, di potenza variabile (tra 0,3 e 50 kilotoni sino ad una resa massima di 1.250 kilotoni), sono dotate di un nuovo sistema di guida di progettazione della Boeing, che è installato nella coda ed è in grado di aumentarne la manovrabilità e la precisione. La Russia, come detto, ha minacciato sin dall’inizio del conflitto nel 2022 la possibilità dell’uso di armi nucleari ‘per difendere’ il proprio territorio nazionale, esteso negli ultimi anni prima verso la Crimea e più recentemente nei territori del Donbass annettendo le repubbliche secessioniste. La Cina, dotata di 350 testate nucleari, appare intenzionata ad aumentare tale suo arsenale, in parallelo al rafforzamento delle sue forze armate e della sua espansione geopolitica sullo scenario internazionale. Il governo britannico ha annunciato nel 2021 di voler incrementare quantitativamente il proprio arsenale nucleare da 180 a 260 testate”.

La Corea del Nord ha ripetutamente sperimentato nuove testate e lanciato missili di diversa potenza verso il Mar del Giappone: si stima che possa avere circa 20 testate assemblate per missili a medio raggio, ma non per missili balistici intercontinentali. Come Pyongyang, India, Pakistan e Israele, infine, hanno realizzato i loro arsenali nucleari al di fuori del TNP, che – come è evidente - non è riuscito a impedirne la costituzione.

“La minaccia nucleare, in conclusione, esiste realmente e i segnali sono preoccupanti – conclude Simoncelli -: per questo il TPNW acquisisce ancor più importanza perché non rimanda ad un tempo indeterminato il disarmo come fa il TNP, ma esige una scelta immediata poiché un conflitto nucleare – come ben si sa – non avrebbe né vinti né vincitori. La posizione per cui si deve puntare ad una riduzione necessariamente coordinata tra i possessori di tali armi ha una sua condivisibile logica, ma i tempi ipotizzabili per essa vanno verso una totale indeterminatezza. Per questo, la Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica hanno lanciato la campagna “Italia, ripensaci” per sensibilizzare l’opinione pubblica e le forze politiche affinché il nostro Paese, che ospita le testate nucleari B61, faccia invece passi concreti verso il TPNW”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)