Argentina, la lotta di Moira Millán contro "l'omissione totale dell’eredità indigena”
Donna indigena mapuche, è tra le voci più ascoltate nella regione: "Nella narrazione statale ci hanno letteralmente sterminato e perciò non esistiamo". La nazione indigena mapuche è composta da circa 24 milioni di persone tra Cile e Argentina
La frase pronunciata il 9 giugno da Alberto Fernández, presidente dell’Argentina, ha riaperto una ferita ancora aperta nel paese. “I messicani - ha detto - discendono dagli indios, i brasiliani sono usciti dalla giungla e gli argentini sono scesi dalle navi, navi che sono arrivate dall'Europa”. Parole criticate da più parti, a partire dai 36 popoli indigeni del paese sudamericano. Tra le voci più ascoltate nella regione c’è quella di Moira Millán, donna indigena mapuche, una “weichafe” (guerriera), ossia un difensore del proprio popolo e territorio, e tra i fondatori del Movimento delle donne indigene per il Buen Vivir.
Essere una donna indigena mapuche e una “weichafe” madre, dice a Osservatorio Diritti Moira Millán, “in questa Argentina eurocentrica, bianca e suprematista è davvero molto difficile”. Nel paese, spiega, “abbiamo l’omissione totale e assoluta dell’eredità indigena”. “È drammatico dover continuare a lottare per affermare la tua esistenza mentre tutto quello che ti circonda, istituzionalmente parlando, lo nega. Nella narrazione statale ci hanno letteralmente sterminato e perciò non esistiamo. Questo è un meccanismo di violenza enorme contro l’identità, un processo che ti obbliga alla clandestinità per esercitare la tua spiritualità, per parlare la tua lingua, per curarti in modo naturale, per partorire secondo le pratiche ancestrali, per vivere”.
La nazione indigena mapuche è composta da circa 24 milioni di persone tra Cile e Argentina. La mapu (terra), dice ancora Moira Millán, “abitata dal nostro popolo, è geopoliticamente strategica perché nel sottosuolo ci sono ingenti quantità di petrolio e di minerali”. Come risposta, “la nazione mapuche sta realizzando una rivoluzione basata sull’organizzazione territoriale, la resistenza e la lotta, affrontando gli Stati oppressori che usano la violenza come strumento di repressione”.
In difesa delle donne. Tra le lotte portate avanti da Moira c’è quella contro il “chineo”. “È una pratica che arriva ai nostri giorni dai tempi della colonia e riguarda le giovani donne indigene che si trovavano in condizione di schiavitù. I padroni bianchi, non appena si accorgevano che le bambine indigene erano entrate nella tappa mestruale, le violentavano per marcare un passaggio rituale nella loro sessualità e riaffermare la propria virilità. Un modo per ribadire la loro proprietà sulla bambina, un rituale che veniva addirittura festeggiato dai padroni”. “Ad oggi - dice ancora Moira - abbiamo dovuto iniziare una campagna #bastadechineo, per chiedere al mondo che riconosca che il chineo, praticato ancora nel 2021 nel nord del paese, venga dichiarato un crimine e eliminato una volta per tutte”.
L’articolo integrale di Diego Battistessa (da Medellin, Colombia), Moira Millán, in marcia contro il terricidio e per le donne indigene, può essere letto su Osservatorio Diritti.