"Amministratori sotto tiro", crescono le minacce attraverso i social
Rapporto di "Avviso Pubblico": nel 2020 registrate 465 intimidazioni, il 17% in meno rispetto all'anno precedente. Oltre il 57% nel Mezzogiorno, in Campania il maggior numero a livello nazionale mentre al Nord cresce l'incidenza dei casi. I social il mezzo più usato per minacciare
Una media di 9 intimidazioni a settimana, una minaccia ogni 19 ore: sono 465 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza rivolti nel 2020 contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica Amministrazione, in calo del 17% rispetto al 2019 (559). Li ha censiti Avviso Pubblico attraverso il monitoraggio delle notizie di stampa locali e nazionali, delle interrogazioni parlamentari e raccogliendo le segnalazioni dei propri coordinamenti territoriali. Sono state 89 le province coinvolte, “il dato più alto mai registrato” e 280 i comuni (3,5% dei comuni italiani). “Per la terza volta – segnalano gli osservatori - nella storia di questo rapporto (i precedenti nel 2017 e 2019) sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni d’Italia”.
Il 57,5% del totale dei casi censiti (267) si è registrato nel Mezzogiorno, in particolare il 41,1% dei casi nel Sud e il 16,4% nelle Isole. Il restante 42,5% del totale (198 casi censiti) si è verificato nel Centro-Nord, dove si riscontra un aumento del 3,5% dell’incidenza sul totale dei casi rispetto al 2019. Da segnalare come il calo generalizzato dei casi registrati abbia colpito tutte le aree, ad eccezione del Nord-Est, che passa dai 59 atti censiti nel 2019 ai 68 del 2020.
Per il quarto anno consecutivo è la Campania a far registrare il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale, con 85 casi censiti (furono 92 nel 2019). Seguono appaiate Puglia e Sicilia con 55 atti intimidatori, che fanno segnare un evidente calo rispetto al 2019, rispettivamente del 23 e del 17 per cento. In discesa anche la Calabria (38 casi rispetto ai 53 del 2019), che prosegue un trend iniziato da alcuni anni. La Lombardia si conferma la regione più colpita del Nord Italia (37 casi, nove in meno del 2019), seguita dal Lazio (36 casi, stabile). Chiudono le prime 10 posizioni Veneto (30 casi, uno dei pochi territori in aumento), Emilia-Romagna (25), Toscana (23) e Sardegna (21).Conferme anche a livello provinciale: il territorio più colpito si conferma Napoli con 46 casi, con un incremento del 12% rispetto al 2019. Seguono Salerno (21 casi), Roma (20), Milano e Foggia (16), Cosenza (15), Padova e Lecce (14), Bari e Messina (13).
I social network, già il terzo mezzo più utilizzato per minacciare nel 2019, nell’anno passato " hanno scalato questa spiacevole graduatoria, issandosi al primo posto (19% del totale dei casi censiti)", segnalano gli osservatori. "Le polemiche legate alle restrizioni adottate per contenere la diffusione del Covid-19 sono spesso evolute in manifestazioni di dissenso sfociate in insulti, offese, delegittimazioni dell’operato degli amministratori locali, quando non di diffamazioni. La piazza virtuale, già negli anni passati contenitore di varie frustrazioni, considerata da taluni uno spazio in cui tutto è concesso, durante le fasi più calde della pandemia ha amplificato queste sue caratteristiche. Le amministrazioni e la Polizia locale sono spesso finite in pasto dei leoni da tastiera, a causa delle ordinanze emesse e dei controlli effettuati per il rispetto delle regole anti-contagio. Ma anche per la concessione di aiuti economici, sussidi o per scelte che non riguardavano l’amministrazione locale, ma il governo centrale".
Le aggressioni e gli incendi (18% di casi per ciascuna tipologia), si mantengono in percentuale stabili rispetto al 2019. Seguono minacce verbali e telefonate minatorie (12%), lettere, biglietti e messaggi intimidatori (10%), danneggiamenti (9%), scritte offensive e minacciose (7%), utilizzo di ordigni ed esplosivi (4%), invio di proiettili (2%), spari contro abitazioni ed automobili (1%).
Da alcuni anni il rapporto si sofferma anche su quelle intimidazioni che giungono agli amministratori locali e al personale della Pubblica Amministrazione da parte di comuni cittadini. Episodi e situazioni che pesano notevolmente sul numero complessivo delle intimidazioni: nel 2020 sono stati 168, il 36% del totale (erano il 29% nel 2019). Una larga percentuale (il 42%) di tali atti ha riguardato intimidazioni, diffamazioni - perlopiù veicolate sui social – e aggressioni scaturite dalle restrizioni imposte dalla pandemia. Un altro 22% trae origine dal malcontento suscitato da una scelta amministrativa sgradita. Il 12% si riferisce invece a casi di estremismi di entrambe le sponde politiche. Nell’11% dei casi si tratta di un vero e proprio disagio sociale, come la richiesta di un sussidio economico o problemi legati al tema del lavoro.
In dieci anni di raccolta dati Avviso Pubblico ha censito su tutto il territorio nazionale 4.309 casi di minaccia e aggressione nei confronti di amministratori locali e personale della Pubblica Amministrazione, una media di 36 intimidazioni al mese, una ogni 20 ore. Il maggior numero di casi è stato censito nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso – nell’ordine Sicilia, Calabria, Campania, Puglia - che insieme raccolgono 2.555 casi (il 59% del totale). Seguono Sardegna, Lazio, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto. Tutte le province italiane hanno fatto registrare almeno un atto intimidatorio o di minaccia nel corso di questi 10 anni. Domina la classifica la provincia di Napoli, seguita da quella di Cosenza e Reggio Calabria. L’unica provincia presente nella top-ten a non essere collocata nel Sud/Isole è quella di Roma (5° posto). La prima provincia per atti intimidatori del Nord è Milano (15° posto).