Accesso alla terra, problema cruciale per tutti. La disponibilità di terreni da coltivare condiziona ancora la produzione di cibo

L’accesso alla terra da coltivare va di pari passo con un’altra tema, quello di chi effettivamente la può coltivare

Accesso alla terra, problema cruciale per tutti. La disponibilità di terreni da coltivare condiziona ancora la produzione di cibo

Accesso alla terra. Passo importante per la crescita dell’agricoltura e, quindi, della produzione di cibo. Passo che, soprattutto oggi, parrebbe ancorato a schemi del passato, ad un’immagine bucolica dell’agroalimentare, e che, invece, conferma tutta la sua attualità e importanza. Le recenti crisi internazionali e i cambiamenti climatici sono lì a dimostrare la necessità ineludibile della sicurezza alimentare e quindi della disponibilità di terre da coltivare. Un traguardo raggiunto per alcune aree del globo, ancora lontano per molte altre. Un incontro di pochi giorni fa tra gli organismi per la ristrutturazione fondiaria dei paesi Ue (Aeiar) organizzato dall’Ismea con la Fao, è stato l’occasione per fare un punto su una questione cruciale e cioè quanto nel secondo decennio del XXI secolo sia ancora complesso assicurare l’accesso alla terra a chi vuole coltivarla.
Creata nel 1966, l’Aeiar associa 12 paesi europei, coinvolge organizzazioni e istituzioni pubbliche impegnate nella pianificazione e attuazione degli interventi fondiari e delle politiche di sviluppo rurale, ed è quindi uno dei migliori punti di osservazione sul tema.
Terra da coltivare, dunque. E cioè spesso problema da affrontare a risolvere. A livello mondiale. Tanto che la Fao proprio nella due giorni di studio ha presentato il progetto globale di “Accesso alla terra per tutti”, il cui scopo è garantire diritti fondiari sicuri, registrati e legalmente protetti, e istituire un’Agenda fondiaria globale, parte integrante della Strategia per la sicurezza alimentare, prevista tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030.
Quella della terra è questione di investimenti e quindi di fondi a disposizione, ma anche di regole da applicare, vincoli da rispettare. Problema che non si risolve solo con l’innovazione tecnologica, ma con politiche e strumenti adeguati. E che necessita di tempo per essere affrontata. Anche nelle aree più “avanzate” da questo punto di vista. Proprio l’Ismea, a questo proposito, ha posto un esempio chiaro. Negli ultimi 40 anni – è stato spiegato – le operazioni fondiarie condotte dall’Istituto hanno permesso la creazione di oltre 8.500 imprese agricole, per complessivi 232mila ettari di superficie, realtà con una dimensione media aziendale pari a quasi tre volte quella nazionale rilevata dall’Istat in occasione nell’ultimo Censimento dell’agricoltura.
Il tema della terra da coltivare e della sua disponibilità per chi può coltivarla, tocca però anche altri aspetti. Come quello della corretta informazione “in campo” e del controllo della correttezza degli investimenti. Per questo, sempre Ismea ha avviato accanto alle iniziative di accompagnamento per l’acquisto di terreni, anche quelle di monitoraggio degli stessi nell’ambito del Programma europeo di osservazione della Terra Copernicus. Gli stessi strumenti che servono per tenere sotto controllo i rischi in agricoltura, possono infatti servire per verificare che i terreni agricoli siano effettivamente coltivati.
L’accesso alla terra da coltivare va poi di pari passo con un’altra tema, quello di chi effettivamente la può coltivare. Formazione, aggiornamento ed età stessa degli agricoltori sono così altrettanti argomenti da mettere i conto. Ancora nella giornata di studio a Roma, è stato reso noto che in Italia, con i programmi Ismea, i giovani che si sono insediati in agricoltura, grazie agli interventi di primo insediamento gestiti dall’Istituto, sono stati circa 800, per complessivi 27mila ettari.
Già, i giovani. Spesso – anche in Italia – l’accesso (difficile) alla terra da coltivare passa anche dall’insediamento di giovani agricoltori in aree magari a rischio di abbandono o comunque in bilico tra la produzione alimentare e altre destinazioni. Un percorso comunque complesso e difficile. Pur se è vero quanto rilevato dai coltivatori diretti: nell’ultimo decennio sarebbe cresciuta del 13% la presenza di nuove leve in agricoltura. Un buon risultato ma ancora troppo poco, forse.

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Fonte: Sir