A 70 anni dalla Convenzione Onu: "mini-atlante" delle migrazioni forzate
Il Centro studi e ricerche Idos, con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, analizza il diritto d’asilo a 70 anni dalla Convenzione Onu sui rifugiati. Oltre 82,4 milioni di persone coinvolte nel mondo, nel 2020 il numero più alto di migranti forzati dal dopoguerra. Il primato dell’accoglienza spetta alla Colombia
Dopo 70 anni, con oltre 82,4 milioni di persone coinvolte nel mondo, è stato raggiunto nel 2020 il numero più alto di migranti forzati dal dopoguerra: praticamente 1 abitante del pianeta ogni 100. Lo evidenzia “Ospiti indesiderati. Il diritto d’asilo a 70 anni dalla Convenzione Onu sui rifugiati”, il volume presentato oggi dal Centro Studi e Ricerche Idos, in partenariato con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, che cerca di tratteggiare “un mini-atlante delle migrazioni forzate nel mondo”, focalizzando, con il supporto di specialisti, alcuni case studies significativi e analizzando il processo storico che ha portato alla stesura e alla firma della Convenzione, i suoi punti di forza e le debolezze, l’attualità o meno della definizione di rifugiato ivi contenuta, le forme complementari di protezione, nonché le prescrizioni giuridiche sui diritti dei rifugiati e i doveri degli Stati”.
“Per molti, in settant’anni, la Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 e il Protocollo di New York del 31.12.1967 hanno fatto la differenza tra la morte e la vita, tra il pericolo e la sicurezza, tra la disperazione e la speranza. – commentano gli osservatori - La comunità internazionale non è riuscita ad assicurare la venuta meno di guerre e persecuzioni, tanto che i migranti forzati nel mondo non sono mai stati tanti come oggi, che se ne contano 82,4 milioni. Un’affollata nazione di senza diritti, in balia di sfide che si fanno sempre più globali e complesse, acuite dalla pressione demografica, dalle sperequazioni mondiali, dal climate change, dalle difficoltà di accesso alle risorse (acqua, cibo, terre, energie, ecc.) e, non ultimo, dalla pandemia da Coronavirus”.
Degli oltre 82,4 milioni migranti forzati nel mondo ricadono nell’ambito della Convenzione 20.650.304 rifugiati formalmente riconosciuti e 4.128.889 richiedenti asilo. Restano invece esclusi: 48 milioni di sfollati interni a causa di conflitti o violenze; 3.856.327 di cittadini venezuelani sfollati all’estero; 5.703.521 di rifugiati palestinesi a seguito del conflitto arabo-israeliano del 1948.
La parte maggiore dell’onere dell’accoglienza ricade sui Paesi in via di sviluppo che accolgono l’86,2% dei migranti forzati nel mondo: il 64,7% del totale dei rifugiati e il 43,3% dei richiedenti asilo; il 96,0% degli sfollati; il 100%, rispettivamente, degli sfollati venezuelani all’estero e dei profughi palestinesi. Le quote sul totale dei migranti forzati relative a Ue e Nord America, invece, sono dimezzate in dieci anni, passando rispettivamente da 7,9% a 4,1% e da 4,6% a 1,8%.
A livello di singoli paesi, il primato dell’accoglienza spetta alla Colombia, con 10 milioni di migranti forzati (di cui quasi 8,3 milioni sfollati interni e 1,7 sfollati venezuelani), seguita da Siria (7,3 milioni di migranti forzati, di cui 6,7 milioni di sfollati interni e quasi 600 mila profughi palestinesi del 1948) e Repubblica Democratica del Congo (5,7 milioni di migranti forzati, di cui 5,2 milioni sfollati interni e mezzo milione rifugiati riconosciuti).
Il primo paese europeo è la Germania, in questa classifica, che si colloca al 17° posto con 1,2 milioni di rifugiati e 243mila richiedenti asilo pendenti a fine 2020; seguonoal 30° posto da Francia (rispettivamente 436mila e 118mila), Svezia (42°: 248mila e 19mila), Spagna (49°: 104mila e 103mila) e Italia (53°: 128mila e 54mila).
"L’emergenza Covid-19 - commentano gli esperti - ha avuto un impatto di rilievo, indebolendo il sistema di protezione (dall’accoglienza alle procedure di riconoscimento dello status) in numerosi Paesi di asilo ed esacerbando le condizioni di vita di sfollati e rifugiati".
Il diritto d’asilo in Europa
Secondo i dati Unhcr alla fine del 2020 i rifugiati e i richiedenti asilo nell’Ue a 27 sono quasi 3,4 milioni, provenienti da 150 paesi e il loro numero è diminuito dell’1,7% rispetto al 2019. Un milione e mezzo vive in Germania e mezzo milione in Francia. L’incidenza media sulla popolazione a livello Ue raggiunge lo 0,8%, incidenza maggiore negli stati più piccoli (Cipro 3,9%, Malta 2,6%) o di frontiera (Grecia 1,5%), così come nei paesi tradizionalmente più aperti (Svezia 2,6%, Austria 1,8% e Germania 1,7%). Al contrario, è più bassa nei “nuovi” (Italia 0,3%, Spagna 0,4%) e nei nuovissimi paesi di immigrazione (con l’eccezione della Bulgaria, 0,3%, l’incidenza dei migranti forzati sulla popolazione non supera lo 0,1% in tutti i nuovi Stati membri dell’Europa centro-orientale).
Nel corso del 2020, secondo i dati Eurostat, sono state presentate 472.395 domande, di cui 417.070 per la prima volta. Sono, invece, 766.195 quelle che alla fine dell’anno risultavano non ancora definite (-18% rispetto al 2019). Il 30,0% è rappresentato da minorenni: ben 141.230 nel 2020. Di questi, circa un decimo non è accompagnato da genitori o altre figure adulte che possano esercitare la patria potestà (13.555); la maggior parte proviene da Afghanistan (40,5%) e Siria (16,7%) e si trovano ora principalmente in Grecia (20,7%) e Germania (16,5%). L’Italia, con 520 minori non accompagnati richiedenti asilo, ne accoglie il 3,8% del totale.
Nel 2020, a livello Ue, sono state 521.185 le decisioni in primo grado, di cui il 40,6% positive (211.815, di cui 106.130 con riconoscimento dello status di rifugiato, 50.270 dello status di protezione sussidiaria e 55.420 dello status umanitario). L’80% delle decisioni positive convergono su 3 soli Paesi: Germania (29,5%), Spagna (24,1%) e Grecia (16,2%). Il primo gruppo nazionale per numero di decisioni positive sono i siriani (63.180), seguiti da venezuelani (46.790) e afghani (24.155).