1 maggio. Le Acli: il 14,9% dei lavoratori è in condizioni di povertà assoluta

In occasione della Festa dei lavoratori, le Acli hanno presentato la ricerca “Lavorare pari: dati e proposte sul lavoro tra impoverimento e dignità”. Il 14,9%, pur lavorando, ha un reddito inferiore o pari a 9 mila euro. Se si considerano anche i redditi inferiori o uguali a 11 mila euro, si arriva al 19,5%; si raggiunge il 29,4% tra quanti hanno un reddito complessivo che non va oltre i 15 mila euro e che possono essere definiti “vulnerabili”

1 maggio. Le Acli: il 14,9% dei lavoratori è in condizioni di povertà assoluta

In occasione del primo maggio, Festa dei lavoratori, le Acli hanno presentato la ricerca “Lavorare pari: dati e proposte sul lavoro tra impoverimento e dignità”, realizzata dall’Area Lavoro Acli in collaborazione con l’Iref e il Caf Acli. Lo studio delinea la situazione economica e lavorativa di migliaia di persone in Italia, attraverso l’analisi di oltre 760.000 dichiarazioni dei redditi 2021, su un totale di 1.326.573 modelli 730 presentati presso il Caf Acli.   

Dai dati emerge che il 14,9%, pur lavorando, ha un reddito inferiore o pari a 9.000 euro. Se si considerano anche i redditi complessivi inferiori o uguali a 11.000 euro, ovvero quelli dei lavoratori poveri (working poor), si arriva ad una percentuale di lavoratrici e lavoratori pari al 19,5%; mentre si raggiunge il 29,4% tra quanti hanno un reddito complessivo che non va oltre i 15.000 euro e che possiamo definire “vulnerabili”, ovvero a rischio di povertà di fronte ad un evento inaspettato o fuori dall’ordinario (una malattia, un divorzio o perfino la nascita di un figlio). 

Le donne e i residenti al Sud hanno redditi più bassi

A scontare una peggiore condizione reddituale sono i residenti nelle regioni del Sud e le donne. Nel dettaglio, queste ultime sono il 21,7% delle persone che possono contare su 9.000 euro annui (gli uomini il 7,1%). Le lavoratrici che hanno redditi inferiori o uguali a 11.000 euro sono il 27,9% (gli uomini il 9,8%) e sono il 40,9% delle persone povere o comunque vulnerabili.  

Il 27,2% dei residenti al Sud o nelle Isole ha un reddito fino a 9.000 euro, il 33,5% arriva a 11.000 euro e, infine, il 44,4% può contare fino a 15.000 euro. Se si considera la fascia tra i 40 e i 54 anni, cioè uomini e donne nel pieno della loro vita attiva, coloro che non superano i 9.000 euro di reddito sono il 10 per cento in più della media nazionale (19,8% rispetto al 9,8%). Tuttavia è alto il dato dei vulnerabili anche nel nord, che resta sopra un quarto del totale.

Il lavoro povero è prerogativa dei giovani

Le diseguaglianze di reddito sono più marcate tra i giovani. Ha, infatti, un reddito fino a 9.000 euro il 28% dei giovani fino a 29 anni (dato che arriva al 31,7% nel caso delle giovani donne). Questa percentuale diminuisce significativamente nelle classi di età successive (12,5% 30-34 anni; 11,3% 35-39 anni; 9,8% 40-54 anni) per poi tornare a crescere tra coloro che hanno un’età compresa tra i 55 e i 60 anni (11,4%) e poi raggiungere addirittura il 30,3% tra chi ha più di 60 anni. Non diminuisce però il divario di genere che, al contrario, dopo i 29 anni aumenta in modo costante: in tutte le classi di età le donne con redditi che non vanno oltre i 9.000 euro sono almeno il dieci per cento in più degli uomini e tra gli ultrasessantenni le donne con i redditi al di sotto dei 9.000 euro sono il 43,7%, rispetto al 7,2% degli uomini.

Un lavoro stabile non basta per le donne

“Il quadro complessivo che ci viene restituito dai dati è quello di percorsi di carriera piatti in cui è difficili uscire da una condizione di lavoro povero o di vulnerabilità – affermano le Acli -. Anche il divario di genere tra i redditi percepiti tende a permanere sia che i/le dichiaranti abbiano lavorato continuativamente durante l’anno, sia che abbiano lavorato in maniera discontinua (ovvero, non per tutto l’anno). Si può, quindi, supporre che il lavoro da solo non sia sufficiente a riscattare la condizione di svantaggio delle donne e che la fragilità reddituale del genere femminile non muti considerando la condizione lavorativa delle dichiaranti”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)