Stefano Rubin, salito al cielo. Un sorriso lungo 38 anni

Stefano Rubin, giovane marito e papà, è salito al cielo per un glioblastoma. La sua è stata una vita ricca di amici, di passione e di una fede incrollabile

Stefano Rubin, salito al cielo. Un sorriso lungo 38 anni

Nel pomeriggio di mercoledì 30 marzo è mancato Stefano Rubin, 38 anni, funzionario dell’Agenzia delle Entrate, originario di Borgoricco e ora residente a Ponte di Brenta con la moglie Chiara, che aveva sposato cinque anni fa. Da dieci mesi la loro felice unione era stata allietata dalla nascita della piccola Caterina. Poco dopo, tuttavia, hanno dovuto convivere anche con la scoperta di un glioblastoma, che in poco tempo l’ha portato via. I funerali, che si sono svolti il 4 aprile, hanno visto la partecipazione di un’autentica moltitudine tra amici e parenti.

Le numerose condivisioni durante il rito funebre hanno evidenziato le doti umane, spirituali, etiche e di relazione che caratterizzavano Stefano. Chiunque in questi giorni l’abbia ricordato lo descrive come una persona dotata di rara bontà, capace di infinita cura verso la sua famiglia, che amava profondamente, gli amici, a cui era legato da rapporti di consolidata e reciproca stima, e il mondo intero, che con la moglie teneva a tutelare tramite scelte di vita quanto più possibile etiche e sostenibili. Era dotato di incrollabile pazienza, di sagace ironia, di un’intelligenza brillante, di un grande spirito d’osservazione.

Il suo amore per la musica lo aveva portato, negli anni, ad appassionarsi ad innumerevoli strumenti: aveva iniziato da giovanissimo con la tastiera, che aveva declinato sia nel servizio in parrocchia e nel periodico accompagnamento delle messe nella vicina casa di riposo di Camposampiero, sia nella creazione di una band metal quando ancora era ragazzo, fino a strumenti particolari, legati a pratiche meditative. Gli amici lo hanno ricordato per la sua passione per il caffè, che selezionava e macinava a regola d’arte, per i lievitati che sfornava con tecniche certosine e incessanti esperimenti, ma soprattutto per la grandezza d’animo e la capacità di unire le persone con bontà, franchezza e armonia. Era un marito devoto e innamoratissimo, un padre entusiasta e dolce, profondamente legato alla sua famiglia da un amore autentico e incrollabile, fondato sulla roccia della fede che ha sostenuto lui e la sua famiglia sempre, in particolare negli otto mesi e mezzo di malattia.

Con la Grazia di Cristo ha saputo affrontare la sofferenza con il sorriso, incarnando in pieno le parole di San Paolo che dal giorno del matrimonio in poi, sono state un pilastro per lui e la moglie: «Tutto posso in Colui che mi dà la forza» (Filippesi 4,13). Il sorriso che non gli è mai mancato, fino all’ultimo giorno, era il riflesso tangibile della sua fiducia, quella di chi non è ingenuo, ma sa dare valore alla vita in ogni istante. Tanto da decidere di donare le cornee, dopo che l’intervento e poi la malattia gli avevano tolto parte della vista. Al fine di rendere fecondo il dolore dovuto alla sua perdita, come il seme che caduto in terra muore e nel farlo produce molto frutto, la moglie ha chiesto di onorare la sua memoria con una donazione all’Associazione Luca Ometto, che sostiene la ricerca sul glioblastoma, malattia per la quale attualmente non esiste cura. In questo periodo di attesa per la Pasqua, la vicinanza delle persone care e l’affetto dimostrato in questi giorni sono già prova terrena della certezza della Resurrezione, attraverso l’amore che fiorisce dalla morte e si genera anche dal dolore.

La famiglia di Stefano

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