Speciale catechesi. La fede si apprende con un “bagno di vita ecclesiale”
La catechesi è un “affare” di tutta la comunità, a partire dagli organismi di comunione. Coinvolgere la comunità una scelta obbligata
Ogni tanto mi capita di sentirmi rivolgere dai parroci questa domanda: cosa ne pensi? Vorremmo fare un esperimento, spostare una data, unire due gruppi oppure sdoppiarne uno, provare ad adattare l’itinerario diocesano alla nostra situazione, percorrere una strada un po’ diversa per valorizzare di più l’incontro di catechesi... Tu cosa ne pensi?
All’inizio rispondevo spesso: «Non saprei…»; perché era vero, non avevo proprio idea se le proposte fossero valide oppure no. Del resto, ero appena arrivato, catapultato in questo mondo vastissimo che è la catechesi. Ora ho imparato a rispondere con un’altra domanda: «Cosa ne dice il consiglio pastorale?». Penso che questo sia uno dei pilastri più solidi su cui è costruito il percorso di iniziazione cristiana: non è una questione che riguarda solo il parroco e la catechista, o al massimo anche l’animatore e gli accompagnatori dei genitori. La catechesi è un “affare” di tutta la comunità, a partire dagli organismi di comunione. Quella di coinvolgere tutta la comunità è una scelta in un certo senso obbligata, nel contesto culturale così complesso in cui viviamo oggi (chi può trovare la strada giusta da solo?); ma è anche una scelta teologicamente fondata e fondamentale! Proprio mentre scrivevo questo editoriale mi sono trovato a leggere una breve intervista a don Michele Roselli, dell’Ufficio annuncio e catechesi di Torino (sarà con noi per l’incontro diocesano degli accompagnatori dei genitori il 20 febbraio). Mi ha colpito questa sua affermazione: «La fede si apprende “a specchio”, attraverso un “bagno di vita ecclesiale” che riguarda tutta la comunità cristiana». Tutto il popolo di Dio, direbbe il papa, è soggetto dell’annuncio; e quindi è il caso che sia coinvolto anche nelle decisioni. Da parte di tutto l’Ufficio, Buon Natale!