Sostegno sociale parrocchiale. Aiutare significa anche educare
Autonomia economica: è questo l’obiettivo del progetto personalizzato – rivolto a una mamma con un figlio giovane che ha lasciato la scuola – individuato da una parrocchia della Diocesi di Padova (che non citiamo per tutela le persone coinvolte) nell’ambito del Sostegno sociale parrocchiale
Aiutare significa anche educare. Fare insieme un percorso di responsabilizzazione. Non è un semplice “io ti do e tu ricevi”. Con questa filosofia una parrocchia della Diocesi di Padova – di cui volutamente non scriviamo il nome per tutelare i soggetti coinvolti – ha avviato un progetto personalizzato nell’ambito del Sostegno sociale parrocchiale. Il progetto è rivolto a madre e figlio, entrambi disoccupati, con un affitto da pagare, bollette, difficoltà a fare la spesa. L’obiettivo per questo micronucleo familiare era trovare un’occupazione per rendersi autonomo da un punto di vista economico, in particolare; inoltre, era prioritario inserire il giovane, che ha abbondato gli studi, nel mondo lavoro. In collaborazione con i servizi sociali del comune il ragazzo ha frequentato un corso di formazione professionalizzante individuato in base anche alle necessità delle aziende in cui aveva già effettuato dei colloqui. La mamma nel frattempo ha trovato un’occupazione.
«Cerchiamo di offrire un aiuto a 360 gradi – spiega la responsabile della Caritas parrocchiale – c’è l’accompagnamento al lavoro, l’aiuto economico nel sostenere le spese vive, abbiamo portato loro anche alimenti freschi come verdura e formaggio, che solitamente non rientrano nei pacchi della spesa. Un aiuto però che arriva fino a un certo punto: abbiamo chiesto collaborazione, ad esempio nel pagamento delle bollette e sollecitato a manifestare voglia di riscattarsi, di farcela. Quando vengono ai colloqui spieghiamo loro proprio questo: ci vuole buona volontà, non adagiarsi sull’aiuto».
La comunità ha risposto bene e con grande generosità all’iniziativa del Sostegno sociale parrocchiale: in Avvento e Quaresima infatti sono state organizzate delle raccolte fondi eccezionali e la risposta è stata molto alta. L’aiuto è anche concreto: i volontari si son dati da fare per allestire una cucina, accompagnare in macchina un bimbo agli allenamenti di calcio, montare un armadio recuperato da una famiglia che non lo utilizzava più. «La comunità non si accorge direttamente delle necessità – spiega il parroco – ma interviene con disinteresse e altruismo se sollecitata da chi ha in mano la situazione, cioè la Caritas, risponde bene, non è indifferente».
Accanto al progetto personalizzato la parrocchia continua la consegna dei generi alimentari, l’aiuto nelle spese e bollette: «Interveniamo per lo più nell’urgenza – interviene il parroco – molte famiglie non chiedono nulla, ma sappiamo essere in difficoltà perché con l’emergenza sanitaria hanno perso il lavoro, ma la dignità non gli fa avanzare richieste». Fortunatamente la Caritas ha una buona diffusione nel territorio, ha il polso della situazione, conosce i problemi e, nonostante le risorse limitate, i volontari riescono a intrecciare una vera relazione con le persone. Non è una semplice consegna di un pacco, ma un’occasione per parlare, relazionarsi e conoscere eventuali altre problematiche. Nel tempo si sono costruite anche delle buone relazioni con i servizi sociali del Comune, con i quali c’è periodicamente uno scambio reciproco di informazioni per aggiornarsi vicendevolmente sulle situazioni prese in carico.
«Quello che vogliamo trasmettere alle persone che si rivolgono alla Caritas – afferma la responsabile – è che oggi sono loro a chiedere un aiuto e ad avere bisogno di qualcuno che li conduca in una nuova prospettiva di vita, ma un domani potrebbero essere loro a tendere la mano per dare un aiuto. Le persone comprendono che nulla è dovuto e percepiamo un senso di gratitudine. C’è chi lo manifesta in maniera più evidente e questa è una ricompensa a livello umano molto forte, chi invece in maniera più timida».