Sinodo dei giovani. Una sete adulta di Dio
Manuela Riondato, teologa e referente delle collaboratrici apostoliche diocesane, commenta il terzo capito della lettera che i giovani hanno inviato alla comunità diocesana al termine del percorso biennale del Sinodo.
«Abbiamo sete di Dio, anche quando questa sete non è inquadrata dentro percorsi, riti, momenti “tradizionali” che sentiamo spesso lontani e difficili da comprendere - come la Messa, a cui molti di noi non partecipano più. Anche quando non riusciamo a dare un’adesione convinta a Dio, siamo in cammino e vorremmo essere stimolati e aiutati nella nostra ricerca, con strumenti adeguati per la nostra crescita spirituale».
Quando in cattedrale durante la veglia di Pentecoste mi sono state consegnate queste parole ho sentito dentro di me un sussulto, una sorta di calda nostalgia, la trepidazione della ricerca che anch’io, diversi anni fa, mi ritrovai a intraprendere. Una ricerca che presi sul serio, con tutte le energie, la passione e i desideri che la mia giovane età mi concedeva. Ricordo con affetto le persone che si presero cura di me, le esperienze nuove nelle quali mi immersi e la scoperta, sorprendente e rassicurante, di non essere sola in questo cammino. Ricordo anche la fatica di trovare un modo di pregare che mi aiutasse davvero a essere in relazione con Dio, e in alcuni momenti di stare dentro a una Chiesa che non sempre comprendevo.
Ma quel sussulto interiore non riguardava solo un tempo passato e chiuso. Oggi la sete di Dio in me è ancora presente, e nonostante la mia vita sia fatta di “riti”, di calendari, orari, liturgie e tradizioni che mi aiutano a darle una forma, in alcuni momenti particolari è ancora capace di traboccare, di cercare oltre ogni tipo di “inquadramento”, di farmi scavare più a fondo, anche dentro una Chiesa che mi chiede di camminare insieme a lei.
Non penso che questa condizione di sete e di ricerca riguardi solo i giovani: credo piuttosto che una relazione più profonda e autentica di Dio, vissuta nella Chiesa, sia un’esigenza che ognuno di noi, a qualsiasi età, può trovarsi ad affrontare. Ci sono momenti in cui le esperienze forti della vita cambiano la nostra percezione di Dio: penso per esempio al costituirsi di una famiglia, alla nascita di un figlio, all’esperienza della malattia o della morte. Le parole che diciamo o ascoltiamo e i gesti che abbiamo sempre fatto, soprattutto nella liturgia, perdono il loro senso abituale e ci interpellano in modo diverso: ciò che sembrava scontato improvvisamente non lo è più, ed ecco riemergere quella sete che sentivamo un tempo, o che scopriamo di provare per la prima volta in modo così profondo. Spesso è una sete accompagnata dal dubbio e dall’incertezza, anche per noi adulti: le risposte di un tempo non bastano più, e anche noi ci mettiamo alla ricerca di qualcuno che possa esserci accanto in questo cammino. È in questa dinamica che le parole dei giovani del Sinodo diventano tesoro prezioso per tutta la Chiesa di Padova: esse risvegliano e rimettono al centro l’importanza di una relazione con Dio personale e comunitaria: che non è mai data una volta per tutte, ma che continua a interpellarci lungo tutto il cammino della nostra vita.
Manuela Riondato, teologa e responsabile delle Collaboratrici apostoliche diocesane