Settimana santa in Thailandia. Don Raffaele Sandonà: «La gente si riconosce in un Dio che soffre. Così lo sente vicino»
Sono le due di notte in Italia. Le otto del mattino per don Raffaele Sandonà, fidei donum a Chae Hom. Lo raggiungiamo via WhatsApp mentre è in auto verso una comunità dove dirà messa. È un viaggio di un’ora.
Comprendiamo subito che la Settimana Santa, in Thailandia, non è quel centro dell’anno liturgico che è da noi in Europa: «Il contesto non ne favorisce la celebrazione – rivela – è un periodo molto caldo, i ragazzi sono in vacanza. Così, noi giriamo per i villaggi: fortunatamente sono tutti ben raggiungibili in auto, grazie alle strade costruite in questi anni di crescita economica, tranne due o tre posti con le vie sterrate». Ed è proprio questo il centro della vita missionaria: «Noi dobbiamo vivere con la gente, cercando di non guardare ai numeri e ai contesti, ma stando in questo luogo nella semplicità. Celebrare qui è essere segno di benedizione anche per chi non conosce Dio, o perché non ci crede o perché nessuno glielo ha mai annunciato».
Nel dolore, apparentemente assurdo, che Gesù patisce nella Settimana santa, tutti possono riconoscersi. Anche i più lontani: «La gente con cui viviamo sa cos’è la sofferenza, il lavoro, la fatica. E qui può vedere un Dio che si fa vicino a loro». Nonostante i confini culturali, oltre gli scetticismi verso un cristianesimo visto ancora come religione straniera.