Presbiteri. Prezioso l’ascolto dei laici per capire dove va la Chiesa: occasioni formative a Crespano e Torreglia
Credo la Chiesa è il tema che ha accompagnato due occasioni formative per i presbiteri della Diocesi suddivisi in classi di ordinazione: a Crespano (1976-1995) e a Torreglia (1996-2021). Restituiamo il sentire di alcuni partecipanti.
A novembre – in due turni suddivisi per classi di ordinazione – i presbiteri diocesani hanno partecipato a un momento di formazione teologica, spirituale e pastorale su una Chiesa che cammina, che guarda fuori da sé e si confronta con il mondo laico, che è consapevole della necessità di un cambiamento. Due giornate formative, tenutesi a Crespano del Grappa e a Torreglia, che sono state soprattutto esperienza di fraternità e condivisione fra preti. “Credo la Chiesa”: questo il titolo e il tema conduttore che ha permesso ai partecipanti di riflettere, ascoltare testimonianze, confrontarsi e crescere. Un appuntamento molto atteso da tutti, vissuto senza le preoccupazioni di dover prendere decisioni o risolvere problemi, ma solo per confrontarsi. «Abbiamo esercitato la sinodalità senza parlarne! – sottolinea don Paolo Pegoraro, parroco di Taggì di Sopra e Taggì di Sotto – Il desiderio di stare insieme, di confrontarsi è un sentire tipicamente sinodale. C’era la voglia di mettersi in gioco e di incarnarsi nell’hic et nunc, senza nostalgia di un passato che non porta da nessuna parte, ma con l’entusiasmo e la passione di vivere il proprio servizio oggi, con le fatiche e opportunità che ci vengono offerte, manifestando passione per la gente».
Si è andati oltre gli stereotipi delle nozioni imparate, della teoria o delle conoscenze, portando sul tavolo di riflessione quella creatività che emerge in chi “vive nella Chiesa” che è continuamente sollecitato a ripensarla, a trovare il suo volto umano, con le sue fragilità e incertezze, ma anche con il senso di essere nella storia. «Si è percepita – evidenzia don Gaudenzio Zambon, segretario generale della Facoltà teologica del Triveneto, docente all’Issr di Padova e moderatore delle giornate – una irrequietezza interiore che fa sentire la Chiesa viva e che la pandemia ha fatto emergere ancora di più. Abbiamo messo a fuoco ciò che è essenziale, il nucleo». Fondamentale la testimonianza dei laici per capire in quale direzione possa andare la Chiesa nel mondo: la scuola, la sanità, l’ambito ecumenico e teologico, il rapporto con l’ambiente, con i giovani, con la solitudine e la malattia, la fragilità. I laici raccontano di un rapporto impegnativo fra fede e professione e mettono in evidenza quali valori emergono nei diversi ambiti. Un sentimento e un modo di agire accomuna un po’ tutti: la solitudine, infatti, è nei giovani, in chi è malato, in chi combatte per degli ideali, ma la si ritrova anche nella fede. «In ogni ambito non si può procedere da soli, non ci salviamo da soli, ma serve una rete un aiuto reciproco – continua don Zambon – Il pericolo è quello di essere autoreferenziali. Le esperienze dei laici ci mostrano che la Chiesa non è solo l’iniziazione cristiana, le preoccupazioni parrocchiali, ma è la famiglia umana che poi è la natura stessa della Chiesa». «Le testimonianze dei laici – racconta don Pegoraro – ci aiutano a capire da dove dobbiamo partire: cioè dall’esperienza. Applicare un metodo induttivo più che deduttivo. Viviamo in un mondo che cambia continuamente, in cui le persone hanno avuto esperienze cristiane, ma poi non praticano, abbiamo religioni diverse che convivono anche nelle nostre parrocchie: dobbiamo mettere insieme queste esperienze, ascoltarle, farle venire a galla e, soprattutto, avere passione per questa umanità, incontrare il loro vissuto perché siamo chiamati a vivere questa Chiesa e non quella di ieri. Credendo nell’uomo di oggi e dandogli fiducia possiamo aprire un dialogo e lì incontrare Cristo o portarlo». «Cosa mi porto a casa da questi incontri? – conclude don Gaudenzio Zambon – La convinzione che sono momenti vitali, abbiamo bisogno di rielaborare insieme ad altri, al di fuori delle necessità contingenti. Questo “darsi del tempo” per se stessi è importante».
Camminando insieme tra preti ci aiutiamo
«La convivialità fra sacerdoti – afferma don Vimal Lakra – ci fa sentire uguali, camminando insieme ci aiutiamo. Se tornerò in India proporrò questa formazione, le esperienze ti danno input per riflettere e riconoscere i tuoi limiti».
Lasciamoci guidare verso il futuro dallo Spirito
«Quest’esperienza – sottolinea don Pegoraro – è stata una provocazione a guardare con ottimismo verso il futuro, lasciandoci guidare dallo Spirito Santo. Siamo in cammino e non ci sono risposte o soluzioni»