Pastorale sociale e del lavoro. Il Covid in ospedale ha insegnato il limite
Il racconto della giornata vissuta insieme “Sulle tracce del futuro” da medici, infermieri e operatori sanitari lo scorso 18 luglio a Vo’
Si è svolta lo scorso 18 luglio nel territorio di Vo’ – così emblematico per il Coronavirus – la proposta della Pastorale sociale e del lavoro “Sulle tracce del futuro: insieme per rileggere l’esperienza lavorativa nell’emergenza Covid19” per medici, infermieri e operatori sociosanitari dell’Ulss 6 Euganea.
Alcuni partecipanti hanno voluto restituire il senso profondo della giornata condivisa assieme, che è iniziata con una passeggiata silenziosa in contemplazione dei campi e del territorio vadense. E moltissime sono state le riflessioni scaturite nel corso del momento successivo di condivisione nella chiesa di Boccon, come «il conoscere il proprio limite umano e quello dell’altro – racconta il dottor Cataldo Mastromauro di Martellago – per esercitare la responsabilità verso se stessi, le persone che lavorano con te, le persone che curi, le persone che ami. Le procedure meticolose della vestizione con i dispositivi di protezione che diventa spazio di consapevolezza, gesto rituale, contatto con la propria corporeità. Il forte senso di familiarità tra operatori di professioni diverse, la forza di volontà che permette sforzi inimmaginabili, la forza liberante della sdrammatizzazione. Le lacrime, a volte gravose, a volte lievi, ma sempre necessarie».
E dopo l’esperienza «siamo ritornati sparsi in contesti differenti – sottolinea il dottor Francesco Simoni di Albignasego – con l’animo un po’ più sereno, rimessi in viaggio da una esperienza intima (ma non intimistica) che ci ha permesso di rileggere quanto ci è successo. Siamo ritornati con il compito di essere seme, per trasmettere il bene che abbiamo ricevuto agli altri».
Anche l’operatrice sociosanitaria Antonella Betteto di Camposampiero ha portato con sé una nuova, importante verità: «Sono ritornata a casa consapevole che “io sono il mio limite”. Se da una parte il limite ci pesa, dall’altro ci salva dal delirio di onnipotenza. È necessario creare un rapporto “cordiale” con il proprio limite perché la consapevolezza della mia finitezza mi porta ad abbracciare l’altro; il delirio di onnipotenza mi porta a ucciderlo».