Monsignor Oscar Rizzato, sacerdote buono e fedele, si è spento a 91 anni. Discreto servitore dei più deboli
Una vita spesa in Vaticano a servire la Chiesa quella di monsignor Oscar Rizzato, per vent’anni elemosiniere del Papa, spentosi per complicanze dovute al Covid l’11 gennaio scorso. Alle esequie, tenutesi nella chiesa di Arsego, dove è scaturita la sua vocazione sacerdotale fin da bambino, ne è stato tracciato, soprattutto dal vescovo emerito Antonio, il profilo umano e sacerdotale. Un uomo buono, umile, sensibile alla sofferenza altrui. Un sacerdote autentico, innamorato della preghiera e dell’eucaristia, impegnato con dedizione e competenza nell’aiuto ai più deboli.
Una funzione sobria, in linea con la sua vita, è stata celebrata sabato 16 gennaio nella chiesa di Arsego come ultimo saluto a monsignor Oscar Rizzato, presenziata dalle autorità cittadine e da molti amici sacerdoti e laici. Le esequie sono state officiate dal vescovo Claudio Cipolla ed era presente anche il vescovo emerito Antonio Mattiazzo, amico di lunga data di Rizzato, che ha preparato e pronunciato l’omelia, portata a termine da don Mattia Francescon, per un improvviso istante di commozione.
Mons. Oscar Rizzato, vescovo ed elemosiniere emerito del santo padre, si è spento l’11 gennaio scorso all’ospedale di Padova per le complicanze del Coronavirus; avrebbe compiuto 92 anni il prossimo 8 febbraio. Ha vissuto per oltre cinquant’anni in Vaticano, ma era originario di Arsego, luogo dove è tornato nell’ultimo viaggio per essere tumulato accanto a don Bruno Cremonese, il parroco che sostenne la sua vocazione fin da bambino.
Durante il funerale, sono state ripercorse le tappe principali della vita di don Oscar: l’ordinazione nel luglio del 1954; la prima messa da sacerdote nel santuario di Tessara; gli anni di insegnamento nel seminario minore di Thiene; gli studi alla facoltà di lettere e filosofia a Padova, dove si laureò in archeologia cristiana. Nel 1961 venne chiamato presso la santa sede per occuparsi dell’archivio della segreteria di Stato: da quel momento visse sempre in Vaticano e a Roma, fino a due anni fa quando, per motivi di salute, ha fatto rientro a Padova, all’Opera della Provvidenza di Sarmeola.
«Ha sempre dimostrato fedeltà al papa e alla chiesa con riservatezza e semplicità – ha ricordato il vicario generale don Giuliano Zatti durante le esequie – In molti lo ricordano come un uomo umile e sensibile, dimesso nei modi personali ma ricco di carità. Era molto vicino ai preti in difficoltà. Nel cinquantesimo della sua ordinazione, Giovanni Paolo II scrisse della bontà, lealtà e alta competenza che lo caratterizzavano e della fiducia accordata, mai delusa».
Anche papa Francesco, attraverso uno scritto del segretario di Stato Pietro Parolin, ha fatto arrivare la sua benedizione apostolica al «discreto servitore della Chiesa, con una profonda vita interiore e la dedizione ai più deboli».
Monsignor Mattiazzo durante l’omelia ha ricordato la prima volta in cui vide don Oscar al collegio vescovile di Thiene. «Ho impressa l’immagine di un giovane, alto, inginocchiato in preghiera davanti al tabernacolo; l’eucaristia è stata il centro della sua vita. Se dovessi descriverlo, userei quattro aggettivi: competente, assiduo, umile, distaccato. Ho per lui una viva riconoscenza per il bene compiuto e per l’esempio di vita».
Mattiazzo ha ricordato inoltre, l’attività svolta per anni presso l’elemosineria apostolica della santa sede da mons. Rizzato, dove ha esercitato la carità verso i poveri a nome del Papa. Carità declinata in diversi modi: aiuto ai malati, agli immigrati, ai poveri, ma anche alle scuole e alle missioni nei Paesi nel mondo. Ha vissuto l’avvicendamento di ben cinque papi e si è dedicato anche alla concessione delle benedizioni apostoliche su pergamena. «Aveva una bella calligrafia e apponeva la sua firma, ci teneva molto a questo servizio – ricorda Roberta Candiotto, amica di famiglia – A volte si fermava fino a tardi per completare il lavoro, e per ogni pergamena dedicava una preghiera speciale». Preghiera che ha accompagnato sempre la vita di don Oscar, la cui vocazione è arrivata molto presto, in terza elementare. «Scrisse su un tema che voleva diventare prete – prosegue Roberta Candiotto – ma il padre non accettò subito la scelta dell’unico figlio maschio. Cercò di dissuaderlo. Dopo un po’ di tempo, verso gli undici anni, fu lui stesso ad accompagnarlo in seminario a Thiene. Qui proseguì gli studi, ma non fu tutto facile, ricordava nel 1943 la paura per i bombardamenti della guerra».
Nel 1988, su iniziativa del capo dello Stato, monsignor Rizzato ha ricevuto l’onorificenza di grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e nel 1990 è stato ordinato vescovo. Al termine del servizio in Vaticano nel 2007, ha conservato il titolo di elemosiniere emerito. In seguito, ha proseguito la collaborazione con alcune parrocchie romane mettendo in pratica il desiderio di vita pastorale, rendendosi disponibile per le celebrazioni e i sacramenti.
Una figura, quella di monsignor Oscar Rizzato, caratterizzata da grande bontà sacerdotale e umana, come sottolineato da un familiare al funerale. «Diceva sempre che l’episcopato non può essere considerato il culmine di una carriera umana ed ecclesiale, ma unicamente un disegno di Dio: una Sua chiamata che comporta una maggior responsabilità ed esige una sempre crescente corrispondenza. Anche noi siamo grati a Dio e con le parole di sant’Agostino diciamo: “Non ti chiediamo perché ce lo hai tolto, Signore, ma ti ringraziamo per il tempo che ce l’hai donato”».
Il papa e i sacerdoti defunti per Covid
Il 3 maggio 2020, in cui la chiesa ha celebrato il Buon Pastore, papa Francesco ricordò gli oltre cento sacerdoti e i 154 medici che fino ad allora in Italia erano stati uccisi dal Coronavirus. «L'esempio di questi pastori preti e di questi pastori medici ci aiuti a prenderci cura del sano popolo fedele di Dio» aveva sottolineato il pontefice durante l'eucarestia celebrata a porte chiuse a Santa Marta e mandata in onda in streaming.