Mons. Magarotto e l'Opsa: con gli ospiti era un padre affettuoso
Con l'Opera della Provvidenza Sant'Antonio il vescovo Magarotto aveva un legame speciale. Volle ritirarsi proprio lì quando lasciò, per raggiunti limiti d'età, la guida della diocesi di Vittorio Veneto. Il ricordo di mons. Roberto Bevilacqua, direttore dell'Opsa dal 1995 (e prima vicedirettore dal 1987), è carico di stima e riconoscenza per colui che si è sempre dimostrato «un sacerdote esemplare, vescovo vero».
Il vescovo Magarotto è stato un padre vero per l’Opera della Provvidenza Sant’Antonio. La seguì con attenzione personale fin dai suoi primi passi, quando negli anni Cinquanta il vescovo Bortignon volle realizzare il progetto per dare una risposta concreta alle tante necessità di cura e assistenza delle persone con disabilità grave incontrate in molte parrocchie, nel corso della sua prima visita pastorale.
Mons. Alfredo Magarotto assunse l’incarico di presidente per più mandati: la prima volta, mentre era vicario generale, dal 1973 (subentrando a mons. Alfredo Battisti quando divenne vescovo di Udine) al 1986 e successivamente dopo il rientro da Vittorio Veneto in diocesi di Padova nel 2005 fino al 2017.
È carico di profonda stima e riconoscenza il ricordo che traccia di lui mons. Roberto Bevilacqua, una vita trascorsa e intrecciata con quella dell’Opera della Provvidenza: subito dopo l’ordinazione divenne assistente e vicario parrocchiale a Sarmeola, nel 1987 fu nominato vice direttore a fianco di mons. Francesco Frasson e nel 1995 gli subentrò.
«Quando si ritirò dall’incarico episcopale a Vittorio Veneto – racconta mons. Bevilacqua – dopo qualche tempo a villa Immacolata, nel 2005 chiese di venire ad abitare qui per il forte legame che lo stringeva ancora all’Opera di cui assunse ancora una volta la presidenza fino al 2017. L’impronta che ha lasciato è nella sua ferma e profonda convinzione della missione dell’Opera. Credeva nella qualità del servizio erogato alle persone con disabilità e alle famiglie e che, grazie a lui, si è sviluppato e adeguato alle esigenze storiche e sociali espresse dal territorio».
Soprattutto la relazione che lo legava agli ospiti e al personale era speciale. «Era come un padre: partecipava a ogni celebrazione come a tutti i momenti di festa; faceva continuamente visita ai vari nuclei con il suo stile semplice, affettuoso. Pur essendo molto riservato, sapeva mettersi al loro livello ed entrare in relazione. Con il personale coltivava un rapporto di grande rispetto e lo valorizzava umanamente».
In casa Mons. Bortignon, il dodicesimo padiglione dell’Opsa dove vivono sacerdoti anziani non autosufficienti, mons. Magarotto ha vissuto dal 2010, pur essendo molto lucido e in forze: «Partecipava a tutti i momenti di preghiera, non ne perdeva uno grazie alla sua proverbiale puntualità. Finché è stato possibile, ha ricevuto numerose visite di persone che gli erano affezionate e che provenivano non solo dalla nostra diocesi, ma anche da tante altre».
Con mons. Bevilacqua, il vescovo Magarotto ha coltivato un’amicizia autentica, condivisa nella missione evangelica e nella fraternità presbiterale: «Solo la sua presenza qui tra noi mi gratificava: ha sempre dimostrato stima e fiducia nel mio operato. C’è stato un grande rispetto reciproco dei nostri ruoli. E, se posso esprimere i miei sentimenti, per me è stato un sacerdote esemplare, un vescovo vero come dovrebbero essere i vescovi nei confronti dei loro presbiteri e della chiesa di cui sono a capo. Ricopriva con grande autorevolezza il suo ruolo essendo una guida saggia, prudente e capace».