Le suore elisabettine di Villa Immacolata. Sono arrivate un anno prima dell’apertura della casa. 61 le presenze dal 1949
Sono arrivate nel 1949, per "preparare" la casa, come fa una madre. E come una madre la loro presenza è associata al senso di accoglienza, allo stare bene. Sono le suore terziarie francescane Elisabettine che a Villa Immacolata si sono dedicate prima alla gestione pratica della casa e anche a quella economica, ora invece si è fatta più forte la dimensione spirituale. 61 le religiose che hanno prestato servizio dall'anno del loro arrivo a oggi, che sono rimaste in tre: suor Agnese Loppoli, la superiora, suor Milva Rossi e suor Giannagnese Terrazzin.
Quando si parla della presenza delle suore terziarie francescane Elisabettine a Villa Immacolata viene subito in mente l’immagine di una madre che accoglie, prepara, ascolta, attenta alla vita e alle cose pratiche, ai bisogni delle persone che arrivano. Agli inizi era soprattutto la gestione materiale e quella economica, poi con il tempo si è fatta più forte la dimensione spirituale.
Sono ben 61 le suore che hanno prestato servizio dal 1949, anno del loro arrivo, a oggi. Sono rimaste in tre, suor Agnese Loppoli, la superiora, suor Milva Rossi e suor Giannagnese Terrazzin, 88 anni, molti dei quali vissuti a Villa Immacolata. «Adesso – chiarisce suor Agnese Loppoli – la nostra è una presenza diversa. Resta costante però nel tempo la dimensione della preghiera e l’animazione liturgica. Siamo state chiamate anche ad accompagnare i giovani, affiancando all’aspetto spirituale quello esperienziale, facendo conoscere le diverse realtà gestite dalle Elisabettine nella Diocesi». «Non solo parole quindi – spiega suor Giannagnese Terrazzin – ma, come Gesù ci ha insegnato, si parla e “si fa” per preparare così i ragazzi alla vita, accompagnandoli anche con testimonianze di vita consacrata e non solo. Tutto questo ha segnato profondamente il volto della casa e il modo di stare nella casa».
Non viene data solo una stanza e un po’ di ristoro, il servizio delle suore non si esaurisce in questo. Si svolge fra la mensa eucaristica e la mensa conviviale. Un insieme di attenzioni che concorrono a “fare famiglia”. «Partecipi – dice suor Agnese – a quello che le persone portano qui: un loro dolore, una sofferenza, una preghiera. Piccole parti della loro vita che ti consegnano e te le porti dentro. Le persone chiedono di essere ascoltate e noi cerchiamo di offrire una vita di comunità, fatta di preghiera, accoglienza e ascolto». «I gruppi vengono qui per respirare – continua – è un polmone spirituale. Qui tutto parla, il silenzio, la natura bella, la struttura, le persone. I muri sono impregnati di spiritualità. Tutto concorre a rasserenare, a sentire la presenza di Dio. Facciamo piccoli gesti e più che protagoniste siamo spettatrici di cose grandi che il Signore fa nelle persone, siamo collaboratrici della loro gioia».
«Villa Immacolata rappresenta un po’ l’esperienza che Maria ha fatto di Cristo – spiega suor Milva Rossi – e che ha condiviso poi con Elisabetta. Così le persone vengono qui, vivono un’esperienza forte e poi tornano alle loro case e portano la serenità che Maria ha portato a Elisabetta».
«Mi piacerebbe – conclude la superiora – che in questa casa, chi viene, possa dire: ci metto un dettaglio della mia passione. Mi prendo cura di un piccolo particolare perché chi arriva dopo di me possa respirare serenità per trovare il Signore e aprirsi alla grazia. Questa è un’opera molto qualificata e significativa e deve continuare a fare bello il mondo, rendere sereno il cuore delle persone per incontrare Cristo».