La settimana dei preti in cambio a villa Immacolata: saluti, formazione e ripartenze
Nonostante l’atmosfera sospesa tra ciò che è stato e ciò che ancora non è, arrivare a villa Immacolata nel cuore della settimana che il vescovo Claudio e i suoi vicari hanno dedicato ai preti in fase di trasferimento, dal 9 al 13 settembre, significa immergersi in un clima disteso di serena tranquillità.
Incontri di programma, momenti di preghiera personale, la messa quotidiana, ma anche la gita a Chioggia il giovedì e per i più atletici la partitella a calcio dopo pranzo nel campetto parrocchiale di Torreglia.
Già, perché i preti cambiano. Le parrocchie accolgono e poi salutano – si emozionano, spesso si commuovono – e anche uffici diocesani e cattedre accademiche vedono volti nuovi alternarsi. Tra l’estate e l’inizio dell’anno pastorale, le nomine dei presbiteri sono di gran lunga i contributi più attesi e letti della Difesa. Ma mentre il “toto-preti” impazza, ci sono persone che vedono la loro vita cambiare: in modo radicale e inatteso oppure come pezzi di mosaico che vanno al loro posto. In ogni caso, un nuovo incarico comporta effetti anzitutto sulle relazioni dell’uomo prete, ma anche sulla sua psicologia, sulla sua emotività, e poi sul suo modo di interpretare il ministero che ha ricevuto.
Sono 40 i sacerdoti che hanno vissuto la proposta, giunta ormai al quarto anno, e tutti esprimono la soddisfazione per un’esperienza di fraternità che permette di guardarsi dentro, di rimettere alcuni elementi personali al loro posto per ripartire con nuovo slancio. «Alla fine si tratta di cinque giorni – riflette don Elia Balbo, giovane ex cappellano di Vigodarzere in procinto di passare nell’up di Arre – ma si percepisce che c’è qualcosa di molto più grande dietro. Una fraternità reale tra preti che si vive solo stando insieme, senza le incombenze che caratterizzano le congreghe».
Una fraternità sottolineata anche da don Alberto Giacomello che domenica 29 settembre farà il suo ingresso alla Sacra Famiglia dopo aver guidato Ca’ Oddo, Marendole e Schiavonia: «Sono giorni importanti di riposo e anche di dedizione a noi stessi, immersi in un ministero che di per sé ci porta alla continua apertura e ricerca dell’altro. La presenza del vescovo e dei suoi vicari è fondamentale; possiamo dialogare, condividere, chiacchierare, senza avere l’orologio in mano».
A villa Immacolata ogni prete ha la possibilità di verificare il percorso fatto fino a ora, grazie all’apporto dello psicologo don Andrea Peruffo di Vicenza, del filosofo Lorenzo Biagi della fondazione Lanza e del biblista don Carlo Broccardo. Ma anche il fatto che predecessori e successori delle diverse comunità abitino insieme per alcuni giorni ha un suo interesse, come pure la vicinanza al vescovo Claudio, che ha modo di percepire il vissuto dell’uomo prima che del prete e di comunicargli alcuni elementi del suo discernimento sull’area a cui lo invia o sul nuovo compito che gli ha affidato.
Per don Maurizio Rigato la settimana di Torreglia ha rappresentato il rientro in diocesi, dopo gli anni di studio al Pontificio istituto biblico di Roma. «Ora si tratta di concludere la tesi dedicata ai libri sapienziali e di iniziare l’insegnamento alla Facoltà teologica del Triveneto – spiega – Mi sento di fronte a un nuovo inizio, dopo una lunga parentesi trascorsa nella preparazione proprio di questo momento». Oltre all’insegnamento, don Maurizio collaborerà con le parrocchie dell’unità pastorale di Cona. «Abbiamo riflettuto sulla dinamica personale del cambiamento, grazie a don Peruffo – continua – ma anche sul tipo di relazione da coltivare con i credenti laici. Abbiamo davanti a noi un anno dedicato alla riscoperta del battesimo, come annunciato nel titolo dell’assemblea diocesana del 5 ottobre, e uno degli effetti sarà certamente la bellezza di camminare insieme, anche se nella difficoltà del confronto, di idee e posizioni che potranno essere differenti, per arrivare però a soluzioni condivise e unitarie».
Don Andrea Battagin sta per fare ritorno a Thiene, nella parrocchia di San Sebastiano, dove già era stato cappellano, e riprende il tema dell’anno pastorale 2019-2020, il battesimo. «Accanto alla riscoperta del sacramento in sé, ci viene indicata la gioia che dal battesimo scaturisce. Ecco la vita del prete è a servizio della gioia dei battezzati e non solo, anche della società in genere. È una questione sostanziale, ma anche di stile. Qui a villa Immacolata abbiamo rimesso a fuoco alcuni aspetti della nostra vita personale e pastorale: essere prete oggi significa discernere bene le attenzioni necessarie a questo tempo. Non siamo più i gestori di tutto all’interno delle parrocchie, ma cerchiamo la corresponsabilità degli altri credenti. Credo che l’esperienza che vivrò a Thiene, abitando nella canonica del Duomo con altri tre preti (il parroco e il vicario del Duomo, don Giovanni Baldo e don E.G., e il parroco di San Vincenzo, don Tiziano Zanon, ndr) mi aiuterà a sperimentare la fraternità tra preti e anche con i laici».
E proprio da Thiene è appena partito don Gabriele Benvegnù, pronto a trasferirsi a Segusino, Vas Caorera e nell’up della Conca del Piave. «Siamo di fronte all’entusiasmo e ai timori connaturati a ogni nuova avventura – racconta prima di indossare gli scarpini da calcio – è importante condividere tutto questo con gli amici preti. L’incontro tra un sacerdote e una comunità comporta sempre alcune variabili che agiscono sulla nostra umanità, è bello sedersi allo stesso tavolo e poterci presentare con libertà».
Venerdì 13 settembre, a conclusione dell’esperienza, 12 nuovi parroci hanno fatto la pubblica professione di fede e giuramento nelle mani del vescovo Claudio. Si tratta di don Fabio Artusi (Terranegra e San Gregorio Magno), don Luciano Baccarin (Sambruson), don Romeo Bettio (Arquà), don Federico Camporese (Cristo Risorto e Mortise), don Matteo Fornasiero (Pernumia e Vanzo), don Bruno Piccolo (up di Due Carrare), don Nicola Salandin (up di Saletto), don Francesco Greco (Carrara Santo Stefano e Cornegliana) oltre ai già citati don Andrea Battagin e don Alberto Giacomello. A giurare è stato chiamato anche don Massimo Facchin che il 13 ottobre farà il suo ingresso ad Arsego: «Cambiare è sempre una sfida con se stessi, ripensare l’identità del prete e – ammette – anche alimentare l’obbedienza promessa al vescovo, che non è scontata. Va letta in una logica di servizio alla Chiesa, andiamo laddove il vescovo ha ritenuto che ci sia bisogno di noi. In tutto questo le relazioni affettive di anni devono cambiare, alla fine rimangono quelle più profonde». Come una pianta sradicata si sente invece don Vittorio Tonidandel, salesiano anche lui fresco di giuramento, nuovo parroco di San Giovanni Bosco in Padova, proveniente dalla diocesi di Gorizia. «Quando diventiamo preti non siamo per una sola città, o per una parrocchia, ma per tutta la Chiesa: come salesiano vado laddove il servizio mi è richiesto. Questo mi dà la fiducia che un giorno tornerò a fiorire, anche se questo è il tempo del taglio delle radici».
Interessante lo sguardo dei presbiteri al seguito delle comunità straniere. A Torreglia erano in quattro: don Fernando Loreto (Filippine), don Giuseppe Feng Bo (Cina), don Emanuel Imbrea (romeni di rito latino) e il rumeno greco-cattolico di rito bizantino don Alexandru Suteu: «Per me è molto interessante conoscere i presbiteri padovani e conoscere la pastorale di rito latino: la gran parte dei nostri preti è sposata e residenziale. Questa esperienza mi arricchisce molto».
Il vescovo Antonio ha presieduto la messa di mercoledì 11
«Ringrazio di cuore il vescovo Antonio per la sua testimonianza di vita. Quando si smettono gli impegni e si arriva all'età della pensione si vive in pienezza per ciò in cui si crede, e noi oggi vediamo la sua fede e l'amore per la Chiesa che lo contraddistingue». Così il vescovo Claudio al termine dell'eucaristia di mercoledì 11 settembre a villa Immacolata, presieduta dal vescovo emerito Antonio Mattiazzo. Molto densa l'omelia, nella quale anzitutto mons. Mattiazzo ha assicurato di pregare per tutti i preti padovani e in particolare per chi ha lasciato il ministero. La croce è parte integrante del mistero pasquale, ha continuato, le tribolazioni arrivano, ma guai a rimanere nella frustrazione, servono coraggio, speranza e testimonianza nuovi. La civiltà europea appare al crepuscolo, ma minoranze creative possono rigenerarla, se sono salde nella fede. «Grazie anche per le sue parole – ha chiosato don Claudio – che rilanciano le riflessioni che stiamo portando avanti in questi anni».
Dicembre e febbraio, due ritiri
Sono due i ritiri congiunti per i presbiteri: il 5 dicembre e il 27 febbraio riprenderà il percorso già iniziato dalla costituzione Lumen gentium all'esortazione apostolica Evangelii Gaudium per arrivare alle prospettive successive.
4-8 novembre esercizi di fraternità
Sarà don Marco Cagol, vicario episcopale per il territorio, a guidare gli esercizi di fraternità per presbiteri e religiose a villa Immacolata. "La veste senza cuciture" metterà a tema la riflessione cristiana sulla vita sociale.