Inconsistenza politica, missionari inascoltati
Risuona ancora l'eco della dura presa di posizione delle Conferenza degli istituti missionari italiani contro la politica migratoria italiana che già con i governi Pd aveva dimostrato una virata a destra
In un dibattito non vince chi si dimostra più intelligente o chi sceglie gli argomenti migliori. Vince chi impone l’argomento sul quale confrontarsi.
Oliviero Forti di Caritas Italiana commenta così l’ultima campagna elettorale, tutta giocata sul piano dell’immigrazione: «La necessità di intercettare il consenso dell’opinione pubblica, ormai sorda ai soliti slogan su tasse e pensioni, ha fatto sì che la sinistra abbia giocato sullo stesso terreno della destra con l’obiettivo di sconfiggerla. In sostanza i partiti di sinistra, per combattere l’ascesa dei partiti e dei movimenti di destra, hanno messo in atto misure lontane dalla loro storia e dalla loro identità che alla fine li hanno penalizzati».
Il peccato originale? Gli accordi con la Libia. «Una conferma di questa virata a destra del principale partito italiano di sinistra – spiega Forti – era giunta anche dalle parole dell’ex premier Renzi, segretario del Partito democratico, che un anno fa aveva affermato come “l’Italia non abbia alcun dovere morale di accogliere i migranti”»
Contro gli accordi con la Libia si erano fortemente scagliati, nel settembre scorso, i missionari italiani riuniti nel Cimi (Conferenza degli istituti missionari italiani): «Siamo inorriditi che Mare nostrum si sia trasformato in Cimiterium nostrum, tomba per oltre 50 mila migranti», ritenendo «ancora più scandalosa la campagna contro le organizzazioni non governative, accusate di collaborare con gli scafisti, mentre invece hanno salvato tante vite umane»
Tra le richieste – rimaste inascoltate – dei missionari italiani, oltre allo Ius soli, anche «l’apertura di corridoi umanitari per chi fugge da situazioni drammatiche; un embargo sulla vendita di armi italiane; una seria politica economica verso questi Paesi con forti investimenti, non ai governi, ma alle realtà di base per permettere ai popoli d’Africa di rimettersi in piedi; la sospensione delle nostre politiche predatorie nei confronti dell’Africa ricchissima di materie prime».