I professionisti che si occupano di persone con demenza. Tanti i “vuoti” con cui fare i conti

I professionisti che a vario titolo si occupano delle persone con demenza vivono, nella relazione di aiuto che instaurano, un elevato coinvolgimento sul piano relazionale

I professionisti che si occupano di persone con demenza. Tanti i “vuoti” con cui fare i conti

Cura della persona e cura del suo destino: in chi si ammala di demenza, che si trova a vivere una condizione altamente e progressivamente invalidante, la cura ha un doppio aspetto. I bisogni aumentano in modo costante e continuo oppure repentino. Si va sempre, in ogni caso, verso la perdita delle abilità cognitive e delle autonomie.

«Questi cambiamenti – spiega Andrea Melendugno, psicologo e psicoterapeuta di Casa Madre Teresa – sono dei piccoli lutti continui, costanti, talvolta silenti ma sempre presenti, che lasciano il segno mese dopo mese, anno dopo anno, persona dopo persona. Nell’arco di una carriera sono infiniti e chi li vive non è mai preparato a riconoscerli e quindi ad affrontarli, spesso neppure riesce a dargli un nome». Da queste premesse e considerazioni è partita l’idea del progetto di formazione e studio a Casa Madre Teresa. I professionisti, che a vario titolo si occupano di relazione d’aiuto per le persone con demenza, devono affiancare alle loro competenze tecniche una accurata conoscenza delle caratteristiche della malattia. Il coinvolgimento del professionista è molto elevato per l’impegno professionale, ma anche e spesso soprattutto sul piano relazionale perché si instaurano legami profondi. Affrontare il tema del lutto e delle sue caratteristiche peculiari nelle demenze è indispensabile per chi si occupa di queste persone. «Questi legami – conclude Melendugno – non vengono quasi mai riconosciuti come espressione affettiva ed emotiva, anzi si cerca di controllarli finendo con il delegittimarli. Così quando la malattia lentamente cambia la persona a noi affidata, o quando questa ha bisogno di altre cure e viene trasferita, l’operatore spesso rimane solo con il suo vuoto, che magari non confida a nessuno. Chi si occupa di questi vuoti, che nell’arco di una carriera sono ricorrenti? È giusto che nella crescita professionale e umana del proprio personale si affronti questo tema».

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