Guizza: la fraternità cresce nella convivenza
L'unità pastorale alla Guizza ha organizzato due esperienze di fraternità. La prima ha coinvolto per la prima volta i ragazzi di seconda e terza superiore, che per quattro giorni hanno mangiato, dormito e pregato insieme. La settimana successiva la fraternità ha interessato giovani educatori con più di 19 anni, giunti alla loro quarta esperienza simile.
Qualche giorno insieme per capire cos’è la fraternità, condividendo tutto: i pasti, la notte, lo studio e soprattutto la preghiera.
È questo il progetto realizzato da don Vittorio Pistore, vicario dell’unità pastorale alla Guizza, che per il quarto anno consecutivo ha riunito un gruppo di giovani dai 19 ai 25 anni per una settimana (quella appena trascorsa) dedicata alla fraternità. E per la prima volta l'esperienza è stata estesa, per soli quattro giorni (la settimana precedente), ai ragazzi di seconda e terza superiore.
«Credo in un cambiamento che vada verso i ragazzi e nasca dai giovani – dice Nicolò Scarparo, uno degli educatori che ha preso parte a entrambe le esperienze – ed è per questo che don Vittorio ci ha fatto la proposta. Quello che si vuole creare è uno spazio e un momento dove sentirsi a casa e dove poter pregare. Fraternità è condividere la preghiera conciliandola con gli impegni e le situazioni della vita di tutti i giorni. Non come nei campi scuola, dove c’è un distacco dalla realtà quotidiana. Quello che abbiamo voluto fare qui è vivere la fede nella quotidianità».
Per la settimana degli educatori, don Pistore si è ispirato allo stile della comunità di Taizè. Per i ragazzi delle superiori, la proposta era stata avanzata già a novembre invitando anche i genitori.
«Gli incontri con i genitori si sono rivelati molto positivi – racconta l’educatrice Laura Breschigliaro – anche se all’inizio qualcuno era un po’ preoccupato, alla fine siamo riusciti a convincerli quasi tutti. Del resto conoscevamo questi ragazzi e sapevamo che erano maturi per affrontare l’esperienza. E in molti casi conoscevamo anche i loro genitori. I ragazzi sono stati entusiasti fin dall’inizio. E durante questi giorni trascorsi insieme sono stati sorpresi positivamente sia da loro stessi sia dai compagni, che hanno avuto modo di conoscere più a fondo. Per loro è stata una bella sfida, alla quale hanno partecipato molto attivamente».
La giornata cominciava alle 6, perché bisognava prepararsi, fare colazione e pregare tutti insieme.
Poi si tornava per pranzare insieme, il pomeriggio una breve pausa e poi lo studio. Prima del pranzo e della cena, la preghiera. «Nel trarre un bilancio – racconta Nicolò – un ragazzo ha detto che tornare a casa voleva dire ritrovarsi di nuovo solo e ricominciare a studiare e a fare tutto il resto da solo. Un altro ha detto di aver imparato a rispettare gli impegni degli altri e ad adattarsi».
Due domeniche fa è iniziata poi la settimana degli educatori.
La prima sera è stata dedicata alla definizione di alcune regole. «Il rischio era quello di condurre una settimana di svago, senza un obiettivo – spiega Nicolò – quindi abbiamo deciso di metter dei paletti e cercare di vivere appieno questa esperienza, più spiritualmente. Durante l’anno abbiamo tante occasioni per stare insieme e sarebbe stato un peccato sprecare questa opportunità che è anche un’occasione per andare incontro alle esigenze del momento, per tenere saldo il gruppo, coinvolgere di più i giovani non solo nel loro ruolo di educatori, ma anche a credere un po’ di più. Per legare tutto alla fede e all’incontro con il Signore».
Il filo conduttore è stato il bisogno di un cammino di fede, la tematica vocazionale e la gioia del condividere.
«Queste giornate – spiega don Pistore – si inseriscono in un percorso che comprende ritiri ogni tre o quattro mesi con una lectio divina e adorazioni mensili. L’ultima tappa del percorso è stata fatta in un weekend di settembre. Ci siamo chiesti: a che punto è ora la mia fede?».te
Una domanda che ha attraversato diversi momenti: la lectio divina del martedì, l’incontro del mercoledì con don Silvano Trincanato, direttore di casa Sant’Andrea, una cena in stile sinodale che ha coinvolto molti giovani che non frequentano abitualmente la parrocchia e l’adorazione notturna del venerdì.
Ma quello che ha segnato i giorni è stato soprattutto la condivisione della quotidianità.
«L’esperienza – conclude don Vittorio – di creare una comunità di giovani a carattere vocazionale, non residenziale, per ritrovarsi e riattivarsi nella fede, per capire a che punto sei del tuo cammino, sapendo che puoi trovare un prete disponibile ad ascoltarti. Capire se il Signore ti può chiedere qualcosa in più. Questa è fraternità».