Giornata mondiale del malato venerdì 11 febbraio. Tutti custodi dell’umanità
È questo l’invito lanciato dall’inno composto in occasione della Giornata mondiale. Richiama la missione/vocazione a cui tutti siamo chiamati
Due i momenti per vivere la Giornata del malato previsti all’ospedale di Asiago. Il primo, in accordo con l’Ufficio nazionale per la pastorale del malato, venerdì 4 febbraio alle 16 quando ci sarà la preghiera di ringraziamento per i curanti, trasmessa in diretta streaming attraverso le piattaforme social on line e condivisa in tre cappelle ospedaliere e un santuario. In concomitanza, nella cappella dell’ospedale vecchio di Asiago don Federico Fabris, il cappellano, tiene un momento di preghiera per ringraziare tutto il personale sanitario di Asiago.
L’11 febbraio, invece, è previsto un altro appuntamento di preghiera per raggiungere tutti i malati e gli operatori con l’ascolto anche dell’inno predisposto dall’ufficio nazionale per questa 30a edizione della Giornata del malato, Custodi dell’umanità. «Un inno – chiarisce don Federico Fabris, che ha fatto parte della commissione che ha portato a termine il progetto – che diventa anche occasione di carica spirituale, sia per la musica sia per le parole stesse e che aiuta a comprendere l’importanza della cura del malato, perché curare il malato significa anche curare noi stessi. Nel messaggio papa Francesco invita a porsi accanto al malato: penso voglia dire riscoprire chi è l’essere umano, soprattutto in questa epoca in cui si rischia fortemente la disumanizzazione. Porsi accanto significa che c’è un incontro fra due persone, cosa non scontata in questo momento, vuol dire compiere un gesto di movimento e quindi ci si può accostare a un malato solo se si ha il coraggio di mettersi in moto. E poi c’è la misericordia, termine tanto caro al papa e che di fatto è molto caro a Gesù: la misericordia diventa l’abbraccio che un confessore è disposto a dare a chi va a ricevere il perdono del Signore, a chi si sente scoraggiato, a chi si sente impotente».
Per il francescano conventuale padre Francesco Bazzan, cappellano all’ospedale di Camposampiero, invece, la Giornata del malato viene vissuta nel silenzio dei segni: «Perché – spiega – insieme alla visita agli ammalati celebriamo l’eucarestia che però è ancora molto limitata, poco partecipata a causa delle disposizioni sanitarie. Si è soli fisicamente eppure c’è tutto l’ospedale. In quel silenzio il Signore ci dice “calmati, ascolta”». Nel silenzio far sentire il nostro grido per la vita, l’amore per gli altri che diventa gesto caritatevole degli operatori e dei familiari e riconoscenza dei malati per quello che hanno ricevuto. «Penso che il papa – conclude padre Bazzan – ci insegni, con la tenerezza che richiama l’olio della consolazione a dire “mi dispiace molto”. Ci insegna ad ascoltare con cuore senza banalizzare, perché qui nella sofferenza non ci sono cose banali». Curare il corpo, quindi, ma senza dimenticare lo spirito. «Una delle cose che mi permetto di fare con i degenti – dice don Fabris – è esordire con una battuta che provochi un piccolo sorriso: essere vicini, manifestare un gesto, anche semplice, rivela l’umanità di Gesù Cristo molto più di tante parole che possono lasciare una certa distanza. Toccare la carne sofferente di Cristo, dice il papa, e in quest’epoca toccare con mano chi soffre significa rendersi conto che la sofferenza riguarda tutti, significa impedire di vivere la malattia da soli, perché la solitudine nella sofferenza è un qualcosa che fa più male di qualsiasi altro dolore, stare accanto al malato, avere il coraggio di vincere paure e reticenze».